SIMP. Veramente non ci ho applicato il pensiero, ma ben la vostra interrogazione mi sveglia la mente, e mi accenna, tal distinzione dovere esser necessariissima; e già comincio a comprendere che per determinare il tempo di tal passaggio, la profondità del pozzo può per avventura arrecar diversità non minore che la larghezza.
SALV. Anzi pur vo io dubitando che la larghezza non ci abbia che far niente, o pochissimo.
SIMP. E pur mi pare che dovendo scorrer 10 braccia di larghezza ricerchi dieci volte più tempo che il trapasso di un braccio: e son sicuro che una barchetta lunga 10 braccia prima mi trapasserà innanzi alla vista, che una galera lunga cento.
SALV. E pur persistiamo ancora in quello inveterato concetto, di non ci muover se non tanto quanto le nostre gambe ci portano. Questo che voi dite, signor Simplicio mio è vero quando l'oggetto veduto si muove stando voi fermo a osservarlo; ma se voi sarete nel pozzo quando il pozzo e voi insieme siate portati dalla terrestre conversione non vedete voi che né in un'ora né in mille né in eterno sarete trapassato dalla bocca del pozzo? Quello che in tal caso operi in voi il muoversi o non muoversi la Terra, non può riconoscersi nella bocca del pozzo, ma in altro oggetto separato e che non partecipi della medesima condizione dico di moto o di quiete.
SIMP. Tutto sta bene: ma posto che io, stando nel pozzo, sia portato di conserva con esso dal moto diurno, e che la stella da me veduta sia immobile, non essendo l'apertura del pozzo, che sola dà il passaggio alla mia vista, più di tre braccia de i tanti milioni di braccia del resto della superficie terrestre, che la vista m'impedisce, come potrà essere il tempo della veduta sensibil parte di quello dell'occultazione?
SALV. E pur ricadete nel medesimo equivoco: ed in effetto sete bisognoso di chi v'aiuti a uscirne. Non è, signor Simplicio, la larghezza del pozzo quella che misura il tempo dell'apparizion della stella, perché così la vedreste perpetuamente, essendo che perpetuamente la bocca del pozzo dà il transito alla vostra vista; ma tal misura si deve prendere dalla quantità del cielo immobile, che per l'apertura del pozzo vi resta visibile.
SIMP. Ma quello che mi si scuopre del cielo non è egli tal parte di tutta la sfera celeste, quale è la bocca del pozzo di tutta la terrestre?
SALV. Voglio che vi rispondiate da voi medesimo; però ditemi, se la bocca del medesimo pozzo è sempre la medesima parte della superficie terrena.
SIMP. È senza dubbio la medesima sempre.
SALV. E la parte del cielo veduta da quello che è nel pozzo, è ella sempre la medesima quantità di tutta la sfera celeste?
SIMP. Ora comincio a disottenebrarmi la mente e a intender quello che poco fa mi accennaste, e che la profondità del pozzo ha che fare assai nel presente negozio; perché non è dubbio che quanto più si allontanerà l'occhio dalla bocca del pozzo, minor parte del cielo si scoprirà, la qual poi, in consequenza, più presto verrà trapassata e persa di vista da colui che dal profondo del pozzo la rimirerà
SALV. Ma èvv'egli luogo alcuno nel pozzo dal quale si scoprisse tal parte appunto della celeste sfera, quale è la bocca del pozzo della superficie terrena?
SIMP. Parmi che quando si profondasse il pozzo sino al centro della Terra, forse di là si scoprirebbe una parte di cielo, che sarebbe di lui quale è il pozzo della Terra. Ma discostandosi dal centro e salendo verso la superficie, si vien sempre scoprendo parte maggiore di esso cielo.
SALV. E finalmente, posto l'occhio nel piano della bocca del pozzo, si scuopre la metà del cielo o pochissimo meno, per la qual passare (dato che noi fussimo sotto l'equinoziale) ci vuol 12 ore di tempo.
Già vi ho disegnato la forma del sistema Copernicano: contro alla verità del quale muove prima fierissimo assalto Marte istesso, il quale, quando fusse vero che variasse tanto le sue distanze dalla Terra che dalla minima alla massima lontananza ci fusse differenza quanto è due volte dalla Terra al Sole, sarebbe necessario che quando è a noi vicinissimo si mostrasse il suo disco più di 60 volte maggiore di quello che si mostra quando è lontanissimo; tuttavia tal diversità di apparente grandezza non ci si scorge, anzi nella opposizione al Sole, quando è vicino alla Terra, non si mostra né anco 4 o 5 volte più grande che quando, verso la congiunzione, viene occultato sotto i raggi del Sole. Altra e maggior difficultà ci fa Venere, che se girando intorno al Sole, come afferma il Copernico, gli fusse ora sopra ed ora sotto, allontanandosi ed appressandosi a noi quanto verrebbe ad esser il diametro del cerchio da lei descritto, quando fusse sotto il Sole e a noi vicinissima, dovrebbe il suo disco mostrarcisi poco meno di 40 volte maggiore che quando è superiore al Sole, vicina all'altra sua congiunzione; tutta via la differenza è quasi impercettibile. Aggiugnesi un'altra difficultà: che quando il corpo di Venere sia per se stesso tenebroso, e solo risplenda, come la Luna, per l'illuminazion del Sole, come par ragionevole, quando ella si ritrova sotto il Sole, dovrebbe mostrarcisi falcata, come la Luna quando parimente ell'è vicina al Sole: accidente che in lei non apparisce; per lo che il Copernico pronunziò che ella o fusse lucida per se medesima, o che la sua materia fusse tale, che potesse imbeversi del lume solare e quello trasmettere per tutta la sua profondità, sì che potesse mostrarcisi sempre risplendente: ed in questo modo scusò il Copernico il non mutar figura in Venere, ma della poco variata grandezza di lei non disse cosa veruna, e di Marte assai meno del suo bisogno, credo per non poter a sua sodisfazion salvare un'apparenza tanto repugnante alla sua posizione: e pur, persuaso da tanti altri rincontri, ci si mantenne, e l'ebbe per vera. Oltre a queste cose, il far che tutti i pianeti, insieme con la Terra, si muovano intorno al Sole, come centro delle lor conversioni, e che la Luna sola perturbi cotale ordine, ed abbia il suo movimento proprio intorno alla Terra, e che insieme insieme ed essa e la Terra e tutta la sfera elementare si muova in un anno intorno al Sole, par che alteri in guisa l'ordine, che lo renda inverisimile e falso. Queste son quelle difficultà che mi fanno maravigliare come Aristarco e il Copernico, che non può esser che non l'abbiano osservate, non le avendo poi potute risolvere, ad ogni modo abbiano per altri mirabili riscontri confidato tanto in quello che la ragione gli dettava, che pur confidentemente abbiano affermato, non poter la struttura dell'universo avere altra forma che la da loro disegnata. Ci sono poi altre gravissime e bellissime difficultà, non così agevoli da esser risolute da gli ingegni mediocri, ma però penetrate e dichiarate dal Copernico, le quali noi rimetteremo più di sotto, doppo che averemo risposto ad altre opposizioni di altri, che si mostrano contrarie a questa posizione. Ora venendo alle dichiarazioni e risposte alle tre addotte gravissime obiezioni, dico che le due prime non solamente non contrariano al sistema Copernicano, ma grandemente ed assolutamente lo favoriscono; perché e Marte e Venere si mostrano diseguali a se stessi, secondo le proporzioni assegnate, e Venere sotto il Sole si mostra falcata, e va puntualmente mutando sue figure nello stesso modo che fa la Luna.
SAGR. Ma com'è stato questo occulto al Copernico, e manifesto a voi?
SALV. Queste cose non possono esser comprese se non co 'l senso della vista, il quale da natura non è stato conceduto a gli uomini tanto perfetto, che sia potuto arrivare a discerner tali differenze; anzi pur lo strumento stesso del vedere a se medesimo reca impedimento: ma doppo che all'età nostra è piaciuto a Dio di concedere all'umano ingegno tanto mirabil invenzion, di poter perfezionar la nostra vista co 'l multiplicarla 4, 6, 10, 20, 30 e 40 volte, infiniti oggetti che, o per la loro lontananza o per la loro estrema piccolezza, ci erano invisibili, si sono co 'l mezo del telescopio resi visibilissimi.
SAGR. Ma Venere e Marte non sono de gli oggetti invisibili per la lor lontananza o piccolezza, anzi pur gli comprendiamo noi con la semplice vista naturale: perché dunque non distinguiamo noi le differenze delle grandezze e figure loro?
SALV. In questo ci ha gran parte l'impedimento del nostro occhio stesso, come pur ora vi ho accennato, dal quale gli oggetti risplendenti e lontani non ci vengono rappresentati semplici e schietti; ma ce gli porge inghirlandati di raggi avventizii e stranieri, così lunghi e folti, che il lor nudo corpicello ci si mostra ingrandito 10, 20, 100 e mille volte più di quello che ci si rappresenterebbe quando se gli levasse il capellizio radioso non suo.
SAGR. Ora mi sovviene d'aver letto non so che in questa materia, non so se nelle Lettere Solari o nel Saggiatore del nostro amico comune: ma non sarà se non bene, sì per ridurlo in memoria a me sì per intelligenza del signor Simplicio, che forse non ha viste tali scritture, dichiararci più distintamente come sta questo negozio, la cui cognizione penso che sia molto necessaria per ben restar capace di quello che ora si tratta.
SIMP. A me veramente giugne nuovo tutto quello che di presente vien portato dal signor Salviati; ché, per dire il vero, non ho auto curiosità di legger cotesti libri, né ho sin qui prestato molta fede all'occhiale nuovamente introdotto, anzi, seguendo le pedate de gli altri filosofi peripatetici miei consorti, ho creduto esser fallacie e inganni de i cristalli quelle che altri hanno ammirate per operazioni stupende: e però, quando io sia sin qui stato in errore, mi sarà caro d'esserne cavato; e allettato dall'altre novità udite da voi, starò più attentamente a sentire il resto.
SALV. La confidenza che hanno questi tali uomini del proprio loro accorgimento è non meno fuor di ragione di quel che sia la poca stima che fanno del giudizio altrui; ed è gran cosa che si stimino atti a poter giudicar meglio d'un tale strumento senza averlo mai sperimentato, che quelli che mille e mille esperienze ne hanno fatte e ne fanno ogni giorno. Ma lasciamo, di grazia, questa sorta di pervicaci, che non si possono né anco tassare senza onorargli più che non meritano: e tornando al nostro proposito, dico che gli oggetti risplendenti, o sia che il loro lume si refranga nella umidità che è sopra le pupille, o si refletta ne gli orli delle palpebre, spargendo i suoi raggi reflessi sopra le medesime pupille, o sia pur per altra cagione, si mostrano all'occhio nostro circondati di nuovi raggi, e perciò maggiori assai di quello che ci si rappresenterebbero i corpi loro spogliati di tale irradiazione; e questo ingrandimento si fa con maggiore e maggior proporzione secondo che tali oggetti lucidi son minori e minori, in quella guisa appunto che se noi supponessimo che il ricrescimento de' crini risplendenti fusse, verbigrazia, quattro dita, la qual giunta fatta intorno a un cerchio che avesse quattro dita di diametro accrescerebbe nove volte la sua apparente grandezza, ma...
SIMP. Dubito che voi abbiate voluto dir tre volte; perché aggiunto quattro dita di qua e quattro di là al diametro d'un cerchio che sia pur quattro dita, si viene a triplicar la sua quantità, e non a crescerla nove volte.
SALV. Un poco di geometria, signor Simplicio. È vero che 'l diametro cresce tre volte, ma la superficie, che è quella della quale noi parliamo, cresce nove volte; perché, signor Simplicio, le superficie de i cerchi son fra di loro come i quadrati de i lor diametri, ed un cerchio che abbia quattro dita di diametro ad un altro che ne abbia dodici ha quella proporzione che ha il quadrato di quattro al quadrato di dodici, cioè che ha 16 a 144, e però sarà maggior di quello nove volte, e non tre: che sia per avvertimento al signor Simplicio. E seguendo avanti, se noi aggiugneremo la capellatura medesima di quattro dita a un cerchio che avesse due dita di diametro solamente, già il diametro della ghirlanda sarebbe dieci dita, e la piazza del cerchio all'area del nudo corpicello sarebbe come 100 a 4, ché tali sono i quadrati di 10 e di 2; l'ingrandimento dunque sarebbe di 25 volte tanto: e finalmente le 4 dita di crini aggiunte a un picciol cerchio d'un dito di diametro l'ingrandirebbero 81 volta: e così continuamente i ricrescimenti si fanno con maggior e maggior proporzione, secondo che gli oggetti reali, che si ricrescono, son minori e minori.
SAGR. La difficultà che ha dato fastidio al signor Simplicio, veramente non l'ha dato a me, ma son bene alcune altre cose delle quali io desidero più chiara intelligenza; ed in particolare vorrei intendere sopra qual fondamento voi affermate che tale ricrescimento sia sempre eguale in tutti gli oggetti visibili.
SALV. Già mi son io in parte dichiarato, mentre ho detto ricrescer solamente gli oggetti lucidi, e non gli oscuri; ora aggiungo il rimanente: che degli oggetti risplendenti quelli che son di luce più viva, maggior fanno e più forte la reflessione sopra la nostra pupilla, onde molto più mostrano d'ingrandirsi che i manco lucidi. E per non mi distender più lungamente sopra questo particolare, venghiamo a quello che la vera maestra ci insegna. Guardiamo questa sera, quando l'aria sia bene scurita, la stella di Giove; noi la vedremo raggiante assai e molto grande: facciamo poi passar la vista nostra per un cannello, o anco per un piccolo spiraglio che, strignendo il pugno ed accostandocelo all'occhio, lasceremo tra la palma della mano e le dita, o veramente per un foro fatto con un sottile ago in una carta; vedremo il disco del medesimo Giove spogliato de i raggi, ma così piccolo che ben lo giudicheremo minore anco della sessantesima parte di quello che ci apparisce la sua gran fiaccola veduta con l'occhio libero: potremo doppo riguardare il Cane, stella bellissima e maggior di tutte l'altre fisse, la quale all'occhio libero si rappresenta non gran fatto minor di Giove; ma toltagli poi nel modo detto la capellatura, si vedrà il suo disco così piccolo, che ben non si giudicherà la ventesima parte di quel di Giove, anzi chi non è di vista perfettissima a gran fatica lo scorgerà: dal che si può ragionevolmente concludere che tale stella, come quella che è di un lume grandemente più vivo che quel di Giove, fa la sua irradiazione maggiore che Giove la sua. L'irradiazion poi del Sole e della Luna è come nulla, mediante la grandezza loro, la quale occupa per sé sola tanto spazio nell'occhio nostro, che non lascia luogo per i raggi avventizii; tal che i dischi loro si veggono tosi e terminati. Potremo assicurarci della medesima verità con un'altra esperienza, da me più volte fatta; assicurarci, dico, come i corpi splendenti di luce più vivace si irraggiano assai più che quelli che sono di luce più languida. Io ho più volte veduto Giove e Venere insieme, lontani dal Sole 25 o 30 gradi, ed essendo l'aria assai imbrunita, Venere pareva bene 8 ed anco 10 volte maggior di Giove, mentre però si riguardavono con l'occhio libero; ma guardati poi co 'l telescopio, il disco di Giove si scorgeva veramente maggior quattro e più volte di quel di Venere, ma la vivacità dello splendor di Venere era incomparabilmente maggiore della luce languidissima di Giove: il che da altro non procedeva che dall'esser Giove lontanissimo dal Sole e da noi, e Venere vicina a noi ed al Sole. Dichiarate queste cose, non sarà difficile a intender come possa esser che Marte, quand'è all'opposizion del Sole, e però vicino a Terra sette volte e più che quando è verso la congiunzione, appena ci si mostri maggiore 4 o 5 volte in quello stato che in questo, mentre lo doveremmo vedere più di 50 volte tanto: di che la sola irradiazione è causa; ché se noi lo spoglieremo de i raggi avventizii, lo troveremo precisamente ingrandito con la debita proporzione: per levargli poi la chioma, il telescopio è l'unico e l'ottimo mezo, il quale, ingrandendo il suo disco 900 o mille volte, ce lo fa veder nudo e terminato come quel della Luna, e differente da se stesso nelle due posizioni secondo la debita proporzione a capello. In Venere poi, che nella sua congiunzion vespertina, quando è sotto il Sole, si dovrebbe mostrar quasi 40 volte maggiore che nell'altra congiunzion mattutina, e pur non si vede né anco raddoppiata, accade, oltre all'effetto della irradiazione, ch'ell'è falcata, e le sue corna, oltre all'esser sottili, ricevono il lume del Sole obliquamente, e però assai languido, talché, per esser poco e debile, meno ampla e vivace si fa la sua irradiazione che quando si mostra a noi co 'l suo emisferio tutto lucido; ma però il telescopio apertamente ci mostra le sue corna così terminate e distinte come quelle della Luna, e veggonsi come di un cerchio grandissimo, ed a proporzione maggiori quelle quasi 40 volte del suo medesimo disco, quando è superiore al Sole nell'ultima sua apparizion mattutina.
SAGR. Oh Niccolò Copernico, qual gusto sarebbe stato il tuo nel veder con sì chiare esperienze confermata questa parte del tuo sistema!
SALV. Sì; ma quanto minore la fama della sublimità del suo ingegno appresso a gl'intendenti! mentre si vede, come pur dissi dianzi, aver egli costantemente continuato nell'affermare, scorto dalle ragioni, quello di cui le sensate esperienze mostravano il contrario: che io non posso finir di stupire ch'egli abbia pur costantemente voluto persistere in dir che Venere giri intorno al Sole, ed a noi sia meglio di sei volte più lontana una volta che un'altra, e pur sempre si mostri eguale a se stessa, quando ella dovrebbe mostrarsi quaranta volte maggiore.
SAGR. In Giove, in Saturno ed in Mercurio credo pur che si devano veder ancor le differenze delle lor grandezze apparenti puntualmente rispondere alle lor variate lontananze.
SALV. Ne' due superiori le ho io precisamente osservate quasi ogni anno da ventidua anni in qua: in Mercurio non si può fare osservazione di momento, per non si lasciar egli vedere se non nelle sue massime digressioni dal Sole, nelle quali le sue distanze dalla Terra sono insensibilmente diseguali e però tali differenze inosservabili, come anco le mutazioni di figure, che assolutamente bisogna che seguano come in Venere; e quando lo vediamo, dovrebbe mostrarsi in figura di mezo cerchio, come fa Venere ancora nelle sue massime digressioni; ma il suo disco è tanto piccolo e 'l suo splendore tanto vivace, per esser egli così vicino al Sole, che non basta la virtù del telescopio a radergli il crine, sì che egli apparisca tutto tosato. Restaci da rimuover quella che pareva grande sconvenevolezza nel moto della Terra, cioè che, volgendosi tutti i pianeti intorno al Sole, ella solamente non solitaria come gli altri, ma in compagnia della Luna, insieme con tutta la sfera elementare, andasse in un anno intorno al Sole, ed insieme insieme si movesse l'istessa Luna ogni mese intorno alla Terra. Qui è forza esclamar un'altra volta ed esaltare l'ammirabil perspicacità del Copernico ed insieme compiagner la sua disavventura, poiché egli non vive al nostro tempo, quando, per tòr via l'apparente assurdità del movimento in conserva della Terra e della Luna, vediamo Giove, quasi un'altra Terra, non in conserva di una Luna, ma accompagnato da quattro Lune, andare intorno al Sole in 12 anni, con tutto quello che può esser contenuto dentro a gli orbi delle quattro stelle Medicee.
SAGR. Per qual cagione chiamate voi Lune i quattro pianeti gioviali?
SALV. Tali si rappresentan elleno a chi stando in Giove le riguardasse. Imperocché esse per se stesse son tenebrose, e dal Sole ricevono il lume, il che è manifesto dal suo rimaner eclissate quando entrano nel cono dell'ombra di Giove e perché di esse vien solamente illuminato l'emisferio che riguarda verso il Sole, a noi, che siamo fuor de i loro orbi e più vicini al Sole, si mostrano sempre tutte lucide; ma a chi fusse in Giove si mostrerebbero tutte luminose quando fussero nelle parti superiori de i lor cerchi, ma nelle parti inferiori, cioè tra Giove e 'l Sole, da Giove si scorgerebbon falcate: ed in somma farebbero a i Gioviali le mutazioni stesse di figure che a noi Terrestri fa la Luna. Vedete ora quanto mirabilmente si accordano co 'l sistema Copernicano queste tre prime corde, che da principio parevan sì dissonanti. Di qui potrà intanto il signor Simplicio vedere con quanta probabilità si possa concludere che non la Terra, ma il Sole, sia nel centro delle conversioni de i pianeti: e poiché la Terra vien collocata tra i corpi mondani che indubitatamente si muovono intorno al Sole, cioè sopra Mercurio e Venere, e sotto a Saturno, Giove e Marte, come parimente non sarà probabilissimo e forse necessario concedere che essa ancora gli vadia intorno?
SIMP. Questi accidenti son tanto grandi e cospicui, che non è possibile che Tolomeo e gli altri suoi seguaci non ne abbiano avuto cognizione, ed avendol auta, è pur necessario che abbiano ancor trovata maniera di render di tali e così sensate apparenze sufficiente ragione, ed anco assai congrua e verisimile, poiché per sì lungo tempo è stata ricevuta da tanti e tanti.
SALV. Voi molto ben discorrete; ma sappiate che il principale scopo de i puri astronomi è il render solamente ragione delle apparenze ne i corpi celesti, ed ad esse ed a i movimenti delle stelle adattar tali strutture e composizioni di cerchi, che i moti secondo quelle calcolati rispondano alle medesime apparenze, poco curandosi di ammetter qualche esorbitanza che in fatto, per altri rispetti, avesse del difficile: e l'istesso Copernico scrive, aver egli ne' primi suoi studii restaurata la scienza astronomica sopra le medesime supposizioni di Tolomeo, e in maniera ricorretti i movimenti de i pianeti, che molto aggiustatamente rispondevano i computi all'apparenze e l'apparenze a i calcoli, tuttavia però che si prendeva separatamente pianeta per pianeta; ma soggiugne che nel voler poi comporre insieme tutta la struttura delle fabbriche particolari, ne risultava un mostro ed una chimera composta di membra tra di loro sproporzionatissime e del tutto incompatibili, sì che, quantunque si sodisfacesse alla parte dell'astronomo puro calcolatore, non però ci era la sodisfazione e quiete dell'astronomo filosofo. E perché egli molto ben intendeva, che se con assunti falsi in natura si potevan salvar le apparenze celesti, molto meglio ciò si sarebbe potuto ottenere dalle vere supposizioni, si messe a ricercar diligentemente se alcuno tra gli antichi uomini segnalati avesse attribuita al mondo altra struttura che la comunemente ricevuta di Tolomeo; e trovando che alcuni Pitagorici avevano in particolare attribuito alla Terra la conversion diurna, ed altri il movimento annuo ancora, cominciò a rincontrar con queste due nuove supposizioni le apparenze e le particolarità de i moti de i pianeti, le quali tutte cose egli aveva prontamente alle mani, e vedendo il tutto con mirabil facilità corrisponder con le sue parti, abbracciò questa nuova costituzione ed in essa si quietò.
SIMP. Ma quali esorbitanze sono nella costituzione tolemaica, che maggiori non ne sieno in questa copernicana?
SALV. Sono in Tolomeo le infermità, e nel Copernico i medicamenti loro. E prima, non chiameranno tutte le sette de i filosofi grande sconvenevolezza che un corpo naturalmente mobile in giro si muova irregolarmente sopra il proprio centro, e regolarmente sopra un altro punto? e pur di tali movimenti difformi sono nella fabbrica di Tolomeo ma nel Copernico tutti sono equabili intorno al proprio centro. In Tolomeo bisogna assegnare a i corpi celesti movimenti contrarii, e far che tutti si muovano da levante a ponente ed insieme insieme da ponente verso levante; che nel Copernico son tutte le revoluzion celesti per un sol verso, da occidente in oriente. Ma che diremo noi dell'apparente movimento de i pianeti, tanto difforme che non solamente ora vanno veloci ed ora più tardi, ma talvolta del tutto si fermano, ed anco dopo per molto spazio ritornano in dietro? per la quale apparenza salvare introdusse Tolomeo grandissimi epicicli, adattandone un per uno a ciaschedun pianeta, con alcune regole di moti incongruenti, li quali tutti con un semplicissimo moto della Terra si tolgono via. E non chiamereste voi, signor Simplicio, grandissimo assurdo se nella costruzion di Tolomeo, dove a ciascun pianeta sono assegnati proprii orbi, l'uno superior all'altro, bisognasse bene spesso dire che Marte, costituito sopra la sfera del Sole, calasse tanto che, rompendo l'orbe solare, sotto a quello scendesse, ed alla Terra più che il corpo solare si avvicinasse, e poco appresso sopra il medesimo smisuratamente si alzasse? e pur questa ed altre esorbitanze dal solo e semplicissimo movimento annuo della Terra vengono medicate.
SAGR. Queste stazioni, regressi e direzioni, che sempre mi son parse grandi improbabilità, vorrei io meglio intendere come procedano nel sistema Copernicano.
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