Giornata Seconda (segue dalla pagina precedente)

SALV. Adunque un mobile partendosi dal contatto e movendosi per la retta tangente, si va continuamente discostando dal contatto ed anco dal centro del cerchio.

SIMP. Così è sicuramente.

SALV. Or, se voi avete tenuto a mente le proposizioni che mi avete dette, ricongiugnetele insieme e ditemi ciò che se ne raccoglie.

SIMP. Io non credo però d'esser tanto smemorato, ch'io non me n'abbia a ricordare. Dalle cose dette si raccoglie che il proietto, mosso velocemente in giro dal proiciente, nel separarsi da quello ritiene impeto di continuare il suo moto per la linea retta che tocca il cerchio descritto dal moto del proiciente nel punto della separazione; per il qual moto il proietto si va sempre discostando dal centro del cerchio descritto dal moto del proiciente.

SALV. Voi dunque sin ora sapete la ragione del venir estrusi i gravi aderenti alla superficie d'una ruota mossa velocemente; estrusi, dico, e lanciati oltre alla circonferenza, sempre più lontani dal centro.

SIMP. Di questo mi par di restar assai ben capace; ma questa nuova cognizione più tosto mi accresce che mi scemi l'incredulità che la Terra possa muoversi in giro con tanta velocità, senza estruder verso il cielo le pietre, gli animali, etc.

SALV. Nell'istesso modo che voi avete saputo sin qui, saprete, anzi sapete, anco il resto: e co 'l pensarvi sopra ve ne ricordereste ancora da per voi; ma, per abbreviar il tempo, vi aiuterò io a ricordarvelo. Sin qui avete per voi stesso saputo che il moto circolare del proiciente imprime nel proietto impeto di muoversi (quando avviene ch'e' si separino) per la retta tangente il cerchio del moto nel punto della separazione, e, continuando per essa il moto, vien sempre allontanandosi dal proiciente; ed avete detto che per tal linea retta continuerebbe il proietto di muoversi, quando dal proprio peso non gli fusse aggiunta inclinazione all'in giù, dalla quale deriva l'incurvazione della linea del moto. Parmi ancora che voi abbiate saputo da per voi che questa piegatura tende sempre verso il centro della Terra, perché là tendon tutti i gravi. Ora passo un poco più avanti, e vi domando se il mobile dopo la separazione, nel continuar il suo moto retto, si va sempre allontanando egualmente dal centro, o volete dalla circonferenza, di quel cerchio del qual il moto precedente fu parte; che tanto è a dir se un mobile che partendosi dal punto della tangente, e movendosi per essa tangente, si allontani egualmente dal punto del contatto e dalla circonferenza del cerchio.

SIMP. Signor no, perché la tangente vicino al punto del contatto si scosta pochissimo dalla circonferenza, con la quale ella contiene un angolo strettissimo, ma nell'allontanarsi più e più, l'allontanamento cresce sempre con maggior proporzione; sì che in un cerchio che avesse, verbigrazia dieci braccia di diametro, un punto della tangente che fusse lontano dal contatto due palmi, si troverebbe lontano dalla circonferenza del cerchio tre o quattro volte più che un punto che fusse discosto dal toccamento un palmo; e'l punto che fusse lontano mezo palmo, parimente credo che a pena si discosterebbe la quarta parte della distanza del secondo; sì che vicino al contatto per un dito o due, appena si scorge che la tangente sia separata dalla circonferenza.

SALV. Talché il discostamento del proietto dalla circonferenza del precedente moto circolare in su 'l principio è piccolissimo?

SIMP. Quasi insensibile.

SALV. Or ditemi un poco: il proietto che dal moto del proiciente riceve impeto di muoversi per la retta tangente, e che vi andrebbe ancora se il proprio peso non lo tirasse in giù, quanto sta, doppo la separazione, a cominciar a declinare a basso?

SIMP. Credo che cominci subito, perché non avendo chi lo sostenti, non può esser che la propria gravità non operi.

SALV. Talché, se quel sasso che scagliato da quella ruota mossa in giro con velocità grande, avesse così propension naturale di muoversi verso il centro dell'istessa ruota sì come e' l'ha di muoversi verso il centro della Terra, sarebbe facil cosa che e' ritornasse alla ruota, o più tosto che e' non se ne partisse; perché essendo, su 'l principio della separazione, l'allontanamento tanto minimissimo, mediante l'infinita acutezza dell'angolo del contatto, ogni poco poco d'inclinazione che lo ritirasse verso il centro della ruota, basterebbe a ritenerlo sopra la circonferenza.

SIMP. Io non ho dubbio alcuno che, supposto quello che non è né può essere, cioè che l'inclinazione di quei corpi gravi fusse di andare al centro di quella ruota, e' non verrebbero estrusi né scagliati.

SALV. Né io ancora suppongo, né ho bisogno di supporre, quel che non è, perché non voglio negare che i sassi vengano scagliati; ma dico così per supposizione, acciò voi mi diciate il resto. Figuratevi ora che la Terra sia la gran ruota che, mossa con tanta velocità, abbia a scagliar le pietre. Già voi mi avete molto ben saputo dire che il moto proietto dovrà esser per quella linea retta che toccherà la Terra nel punto della separazione: e questa tangente come si va ella allontanando notabilmente dalla superficie del globo terrestre?

SIMP. Credo che in mille braccia non s'allontani un dito.

SALV. Ed il proietto non dite voi che, tirato dal proprio peso, declina dalla tangente verso il centro della Terra?

SIMP. Hollo detto: e dico anco il resto e intendo perfettamente che la pietra non si separerà dalia Terra, poiché il suo allontanarsene su 'l principio sarebbe tanto e tanto minimo che ben mille volte più vien ad esser l'inclinazione che ha il sasso di muoversi verso il centro della Terra, il qual centro in questo caso è anco il centro della ruota. E veramente è forza concedere che le pietre, gli animali e gli altri corpi gravi non posson esser estrusi: ma mi fanno ora nuova difficultà le cose leggierissime, le quali hanno debolissima inclinazione di calare al centro onde, mancando in loro la facultà di ritirarsi alla superficie non veggo che elle non avessero a esser estruse; voi poi sapete che ad destruendum sufficit unum.

SALV. Daremo sodisfazione anco a questo. Però ditemi in prima quel che voi intendete per cose leggiere, cioè se voi intendete materie così leggiere veramente che vadano all'insù, o pur non assolutamente leggiere, ma così poco gravi che ben vengano a basso, ma lentamente, perché se voi intendete delle assolutamente leggiere, ve le lascerò esser estruse più che voi non volete.

SIMP. Io intendo di queste seconde, quali sarebbono penne, lana, bambagia e simili, a sollevar le quali basta ogni minima forza: tuttavia si veggono starsene in Terra molto riposatamente.

SALV. Come questa penna abbia qualche natural propensione di scender verso la superficie della Terra, per minima ch'ella sia, vi dico che ell'è bastante a non la lasciar sollevare, e questo non è ignoto né anco a voi. Però ditemi: quando la penna fusse estrusa dalla vertigine della Terra, per che linea si moverebb'ella?

SIMP. Per la tangente nel punto della separazione.

SALV. E quando ella dovesse tornar a riunirsi, per qual linea si muoverebbe?

SIMP. Per quella che va da lei al centro della Terra.

SALV. Talché qui cascano in considerazione due moti: uno della proiezione, che comincia dal punto del contatto e segue per la tangente; e l'altro dell'inclinazione all'ingiù, che comincia dal proietto e va per la segante verso il centro: ed a voler che la proiezione segua, bisogna che l'impeto per la tangente prevaglia all'inclinazione per la segante: non sta così?

SIMP. Così mi pare.

SALV. Ma che cosa pare a voi che sia necessaria che si trovi nel moto proiciente, acciò che e' prevaglia a quel dell'inclinazione, onde ne segua lo staccamento e l'allontanamento della penna dalla Terra?

SIMP. Io non lo so.

SALV. Come non lo sapete? qui il mobile è il medesimo, cioè la medesima penna; or come può il medesimo mobile superare nel moto e prevalere a se stesso?

SIMP. Io non intendo che e' possa prevalere o cedere a se medesimo nel moto, se non co 'l muoversi or più veloce e or più tardo.

SALV. Ecco dunque che voi pur lo sapevi. Se dunque deve seguir la proiezione della penna e prevalere il suo moto per la tangente al moto per la segante, quali bisogna che sieno le velocità loro?

SIMP. Bisogna che il moto per la tangente sia maggior di quell'altro per la segante. Oh povero a me! o non è egli anco centomila volte maggiore, e non solamente del moto in giù della penna, ma anco di quello della pietra? ed io, ben da semplice davvero, mi ero lasciato persuadere che le pietre non potrebber esser estruse dalla vertigine della Terra! Torno dunque a ridirmi, e dico che quando la Terra si muovesse, le pietre, gli elefanti, le torri e le città volerebbero verso il cielo per necessità; e perché ciò non segue, dico che la Terra non si muove.

SALV. Oh, signor Simplicio, voi vi sollevate così presto, ch'io comincerò a temer più di voi che della penna. Quietatevi un poco, e ascoltate. Se per ritener la pietra o la penna annessa alla superficie della Terra ci fusse di bisogno che 'l suo descender a basso fusse più o tanto quanto è il moto fatto per la tangente, voi areste ragione a dir che bisognasse che ella si movesse altrettanto o più velocemente per la segante all'ingiù che per la tangente verso levante; ma non mi avete voi detto poco fa, che mille braccia di distanza per la tangente dal contatto non rimuovono appena un dito dalla circonferenza? Non basta, dunque, che il moto per la tangente, che è quel della vertigine diurna, sia semplicemente più veloce del moto per la segante, che è quel della penna all'ingiù; ma bisogna che quello sia tanto più veloce, che 'l tempo che basta a condur la penna, verbigrazia, mille braccia per la tangente, sia poco per il muoversi un sol dito all'ingiù per la segante: il che vi dico che non sarà mai, fate pur quel moto veloce, e questo tardo, quanto vi piace.

SIMP. E perché non potrebbe esser quello per la tangente tanto veloce, che non desse tempo alla penna d'arrivar alla superficie della Terra?

SALV. Provate a mettere il caso in termini, ed io vi risponderò. Dite adunque quanto vi par che bastasse far quel moto più veloce di questo.

SIMP. Dirò, per esempio, che quando quello fusse un milion di volte più veloce di questo, la penna e anco la pietra verrebbero estruse.

SALV. Voi dite così, e dite il falso, solo per difetto non di logica o di fisica o di metafisica ma di geometria: perché, se voi intendeste solo i primi elementi sapreste che dal centro del cerchio si può tirare una retta linea sino alla tangente che la tagli in modo che la parte della tangente tra 'l contatto e la segante sia uno, due e tre milioni di volte maggior di quella parte della segante che resta tra la tangente e la circonferenza; e di mano in mano che la segante sara più vicina al contatto questa proporzione si fa maggiore in infinito: onde non è da temere che per veloce che sia la vertigine e lento il moto in giù, la penna, o altro più leggiero, possa cominciare a sollevarsi, perché sempre l'inclinazione in giù supera la velocità della proiezione.

SAGR. Io non resto interamente capace di questo negozio.

SALV. Io ve ne farò una dimostrazione universalissima, e anco assai facile. Sia data proporzione quella che ha la B A alla C, e sia B A maggior di C quanto esser si voglia; e sia il cerchio il cui centro D, dal quale bisogni tirare una segante, sì che la tangente ad essa segante abbia la proporzione che ha B A alla C: prendasi delle due B A, C la terza proporzionale A I, e come B I ad I A, così si faccia il diametro F E ad E G, e dal punto G tirisi la tangente G H: dico esser fatto quanto bisognava, e come B A a C, così essere H G a G E. Imperocché, essendo come B I ad I A così F E ad E G, sarà, componendo, come B A ad A I così F G a G E; e perché la C è media proporzionale tra B A, A I e la GH è media tra FG, GE, però come BA a C, così sarà FG a GH, cioè HG a GE, che è quel che bisognava fare.

SAGR. Resto capace di questa dimostrazione; tuttavia non mi si toglie interamente ogni scrupolo, anzi mi sento rigirar per la mente certa confusione, la quale, a guisa di nebbia densa ed oscura, non mi lascia discerner con quella lucidità che suole esser propria delle ragioni matematiche la chiarezza e necessità della conclusione. E quello in che io mi confondo, è questo. È vero che gli spazii tra la tangente e la circonferenza si vanno diminuendo in infinito verso 'l contatto; ma è anco vero all'incontro, che la propensione del mobile al descendere si va facendo in esso sempre minore quanto egli si trova più vicino al primo termine della sua scesa, cioè allo stato di quiete, sì come è manifesto da quello che voi ci dichiaraste, mostrando che il grave descendente partendosi dalla quiete debbe passar per tutti i gradi di tardità mezani tra essa quiete e qualsivoglia segnato grado di velocità, li quali sono minori e minori in infinito. Aggiugnesi che essa velocità e propensione al moto si va per un'altra ragione diminuendo pure in infinito, e ciò avviene dal potersi in infinito diminuire la gravità di esso mobile: talché le cagioni che diminuiscono la propensione allo scendere, ed in conseguenza favoriscono la proiezione, son due, cioè la leggerezza del mobile e la vicinità al termine di quiete, ed amendue agumentabili in infinito; le quali hanno, all'incontro, il contrasto di una sola causa del far la proiezione, la quale, benché essa parimente agumentabile in infinito, non comprendo come essa sola non possa restar vinta dall'unione ed accoppiamento dell'altre, che son due pure agumentabili in infinito.

SALV. Dubitazione degna del signor Sagredo; e per dilucidarla, sì che più chiaramente venga da noi compresa, poiché voi ancora dite d'averla in confuso, la verremo distinguendo con ridurla in figura, la quale anco forse ci arrecherà agevolezza nel risolverla. Segniamo dunque una linea perpendicolare verso il centro, e sia questa A G, ed ad essa sia ad angoli retti la orizontale A B sopra la quale si farebbe il moto della proiezione e vi continuerebbe d'andare il proietto con movimento equabile, quando la gravità non lo inclinasse a basso. Intendasi ora dal punto A prodotta una linea retta, la quale con la A B contenga qualsivoglia angolo, e sia questa A E, e notiamo sopra la A B alcuni spazii eguali A F, F H, H K, e da essi tiriamo le perpendicolari F G, H I, K L sino alla A E.

E perché, come altra volta si è detto, il grave cadente, partendosi dalla quiete, va acquistando sempre maggior grado di velocità di tempo in tempo, secondo che l'istesso tempo va crescendo possiamo figurarci gli spazii A F, F H, H K rappresentarci tempi eguali, e le perpendicolari F G, H I, K L gradi di velocità acquistati in detti tempi, sì che il grado di velocità acquistato in tutto il tempo A K sia come la linea K L rispetto al grado H I acquistato nel tempo A H, e 'l grado F G nel tempo A F, li quali gradi K L, H I, F G hanno (come è manifesto) la medesima proporzione che i tempi KA, HA, FA; e se altre perpendicolari si tireranno da i punti ad arbitrio notati nella linea F A, sempre si troverranno gradi minori e minori in infinito, procedendo verso il punto A, rappresentante il primo instante del tempo e il primo stato di quiete: e questo ritiramento verso A ci rappresenta la prima propensione al moto in giù, diminuita in infinito per l'avvicinamento del mobile al primo stato di quiete, il quale avvicinamento è agumentabile in infinito. Troveremo adesso l'altra diminuzion di velocità, che pure si può fare in infinito per la diminuzion della gravità del mobile; e questo si rappresenterà col produrre altre linee dal punto A, le quali contengano angoli minori dell'angolo BAE, qual sarebbe questa A D, la quale, segando le parallele K L, H I, F G ne' punti M, N, O, ci figura i gradi F O, H N, K M acquistati ne i tempi A F, A H, A K, minori de gli altri gradi F G, H I, K L acquistati ne i medesimi tempi, ma questi come da un mobile più grave, e quelli da un più leggiero. Ed è manifesto che col ritirar la linea E A verso A B, ristrignendo l'angolo E A B (il che si può fare in infinito, sì come la gravità in infinito si può diminuire), si vien parimente a diminuire in infinito la velocità del cadente, ed in conseguenza la causa che impediva la proiezione: e però pare che dall'unione di queste due ragioni contro alla proiezione, diminuite in infinito, non possa ella esser impedita. E riducendo tutto l'argomento in brevi parole, diremo: Col ristrigner l'angolo E A B si diminuiscono i gradi di velocità L K, I H, G F; ed in oltre col ritirar le parallele K L, H I, F G verso l'angolo A si diminuiscono pure i medesimi gradi, e l'una e l'altra diminuzione si estende in infinito: adunque la velocità del moto in giù si potrà ben diminuir tanto e tanto (potendosi doppiamente diminuire in infinito), che ella non basti per restituire il mobile sopra la circonferenza della ruota, e per fare in conseguenza, che la proiezione venga impedita e tolta. All'incontro poi, per far che la proiezion non segua, bisogna che gli spazii per i quali il proietto deve scendere per riunirsi alla ruota, si facciano così brevi ed angusti, che per tarda, anzi pur diminuita in infinito, che sia la scesa del mobile, ella pur basti a ricondurvelo; e però bisognerebbe che si trovasse una diminuzione di essi spazii non solo fatta in infinito, ma di una infinità tale che superasse la doppia infinità che si fa nella diminuzion della velocità del cadente in giù. Ma come si diminuirà una magnitudine più di un'altra che si diminuisce doppiamente in infinito? Ora noti il signor Simplicio quanto si possa ben filosofare in natura senza geometria! I gradi della velocità diminuiti in infinito, sì per la diminuzion della gravità del mobile sì per l'avvicinamento al primo termine del moto, cioè allo stato di quiete, sempre son determinati, e proporzionatamente rispondono alle parallele comprese tra due linee rette concorrenti in un angolo, conforme all'angolo B A E o B A D o altro in infinito più acuto, ma però sempre rettilineo. ma la diminuzione degli spazii per li quali il mobile ha da ricondursi sopra la circonferenza della ruota è proporzionata ad un'altra sorte di diminuzione, compresa dentro a linee che contengono un angolo infinitamente più stretto ed acuto di qualsivoglia acuto rettìlineo, quale sarà questo. Piglisi nella perpendicolare A C qualsivoglia punto C, e fattolo centro, descrivasi con l'intervallo C A un arco A M P, il quale taglierà le parallele determinatrici de i gradi di velocità, per minime che elle siano e comprese dentro ad angustissimo angolo rettilineo; delle quali parallele le parti che restano tra l'arco e la tangente A B sono le quantità de gli spazii e de i ritorni sopra la ruota, sempre minori, e con maggior proporzione minori quanto più s'accostano al contatto, minori, dico, di esse parallele, delle quali son parti. Le parallele comprese tra le linee rette, nel ritirarsi verso l'angolo, diminuiscono sempre con la medesima proporzione, come, verbigrazia, essendo divisa la A H in mezo nel punto F, la parallela H I sarà doppia della F G, e suddividendo la F A in mezo, la parallela prodotta dal punto della divisione sarà la metà della F G, e continuando la suddivisione in infinito, le parallele sussequenti saranno sempre la metà delle prossime precedenti: ma non così avviene delle linee intercette tra la tangente e la circonferenza del cerchio; imperocché, fatta l'istessa suddivisione nella F A e posto, per esempio, che la parallela che vien dal punto H fusse doppia di quella che vien da F, questa sarà poi più che doppia della seguente, e continuamente quanto verremo verso il toccamento A troveremo le precedenti linee contenere le prossime seguenti tre, quattro, dieci, cento, mille, centomila, e cento milioni, e più in infinito. La brevità, dunque, di tali linee si riduce a tale, che di gran lunga supera il bisogno per far che il proietto, per leggerissimo che sia, ritorni, anzi pur si mantenga, sopra la circonferenza.

SAGR. Io resto molto ben capace di tutto il discorso e della forza con la quale egli strigne: tuttavia mi pare che chi volesse travagliarlo ancora, potrebbe muoverci qualche difficultà, con dire che delle due cause che rendono la scesa del mobile più e più tarda in infinito, è manifesto che quella che depende dalla vicinità al primo termine della scesa, cresce sempre con la medesima proporzione, sì come sempre mantengono l'istessa proporzione tra di loro le parallele etc.; ma che la diminuzion della medesima velocità dependente dalla diminuzion della gravità del mobile (che era la seconda causa) si faccia essa ancora con la medesima proporzione, non par così manifesto. E chi ci assicura che ella non si faccia secondo la proporzione delle linee intercette tra la tangente e la circonferenza o pur anco con proporzion maggiore?

SALV. Io avevo preso come per vero che le velocità de i mobili naturalmente descendenti seguitassero la proporzione delle loro gravità, in grazia del signor Simplicio e d'Aristotile, che in più luoghi l'afferma come proposizione manifesta; voi, in grazia dell'avversario, ponete ciò in dubbio, ed asserite poter esser che la velocità si accresca con proporzion maggiore, ed anco maggiore in infinito, di quella della gravità, onde tutto il discorso passato vadia per terra; resta a me, per sostenerlo, il dire che la proporzione delle velocità è molto minore di quella delle gravità, e così non solamente sollevare, ma fortificare, quanto si è detto: e di questo ne adduco per prova l'esperienza, la quale ci mostrerà che un grave anco ben trenta e quaranta volte più di un altro, qual sarebbe, per esempio, una palla di piombo ed una di sughero non si moverà né anco a gran pezzo più veloce il doppio. Ora, se la proiezione non si farebbe quando ben la velocità del cadente si diminuisse secondo la proporzione della gravità, molto meno si farà ella tutta volta che poco si scemi la velocità per molto che si detragga del peso. Ma posto anco che la velocità si diminuisse con proporzione assai maggiore di quella con che si scemasse la gravità, quando ben anco ella fusse quella stessa con la quale si diminuiscono quelle parallele tra la tangente e la circonferenza, io non penetro necessità veruna che mi persuada doversi far la proiezione di materie quanto si vogliano leggierissime, anzi affermo pure che ella non si farà, intendendo però di materie non propriamente leggierissime, cioè prive di ogni gravità e che per lor natura vadano in alto, ma che lentissimamente descendano ed abbiano pochissima gravità: e quello che mi muove a così credere è che la diminuzione di gravità, fatta secondo la proporzione delle parallele tra la tangente e la circonferenza, ha per termine ultimo ed altissimo la nullità di peso, come quelle parallele hanno per ultimo termine della lor diminuzione l'istesso contatto, che è un punto indivisibile; ora la gravità non si diminuisce mai sino al termine ultimo, perché così il mobile non sarebbe grave; ma ben lo spazio del ritorno del proietto alla circonferenza si riduce all'ultima piccolezza, il che è quando il mobile posa sopra la circonferenza nell'istesso punto del contatto, talché per ritornarvi non ha bisogno di spazio quanto: e però, sia quanto si voglia minima la propensione al moto in giù, sempre è ella più che a bastanza per ricondurre il mobile su la circonferenza, dalla quale ei dista per lo spazio minimo, cioè per niente.

SAGR. Veramente il discorso è molto sottile, ma altrettanto concludente; ed è forza confessare che il voler trattar le quistioni naturali senza geometria è un tentar di fare quello che è impossibile ad esser fatto.

SALV. Ma il signor Simplicio non dirà così; se bene io non credo ch'ei sia di quei Peripatetici che dissuadono i lor discepoli dallo studio delle mattematiche, come quelle che depravano il discorso e lo rendono meno atto alla contemplazione.

SIMP. Io non farei questo torto a Platone, ma direi bene con Aristotile che ei s'immerse troppo e troppo s'invaghì di quella sua geometria; perché finalmente queste sottigliezze mattematiche, signor Salviati, son vere in astratto, ma applicate alla materia sensibile e fisica non rispondono: perché dimostrerranno ben i mattematici con i lor principii, per esempio, che sphæra tangit planum in puncto, proposizione simile alla presente; ma come si viene alla materia, le cose vanno per un altro verso: e così voglio dire di quest'angoli del contatto e di queste proporzioni, che tutte poi vanno a monte quando si viene alle cose materiali e sensibili.


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