Notiziario n. 24 - Primavera 2001 |
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Novità astronomiche |
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a cura di Marco Murara (Associazione Astrofili Trentini) |
Le osservazioni congiute di Giove da parte delle sonde Galileo e Cassini (quest'ultima di passaggio, diretta verso Saturno) stanno procurando una visione senza precedenti dell'atmosfera e della magnetosfera del pianeta gigante.
La sonda Cassini ha compiuto il suo passaggio più ravvicinato al sistema gioviano alla fine del dicembre scorso, quando a raggiunto i 9,7 milioni di chilometri dalla superficie delle nubi di Giove. Per varie settimane la Cassini ha così potuto realizzare una serie di osservazioni in stretta collaborazione con la Galileo, la sonda che da oltre cinque anni è in orbita intorno a Giove.
In verità, il passaggio nei pressi del pianeta gigante si giustifica soprattutto con la necessità per la sonda di sfruttarne il campo gravitazionale al fine di proseguire il viaggio verso Saturno. Ad ogni buon conto, il passaggio ravvicinato ha costituito "un'opportunità scientifica unica, caratterizzata dal fatto che due sonde planetarie sono state utilizzate congiuntamente per lo studio di Giove", ha affermato Jay Bergstralh, direttore del progetto di esplorazione del sistema solare della NASA e scienziato del programma Cassini. Per la prima volta, in effetti, due sonde indipendenti hanno osservato contemporaneamente un pianeta diverso dalla Terra.
Una delle importanti opportunità che questa insolita operazione ha dato agli astronomi è stata quella di offrire una duplice prospettiva della magnetosfera di Giove: mentre infatti Galileo si trovava all'interno della magnetosfera, la Cassini ne è stata per un certo periodo al di fuori. Ciò ha permesso altresì di ottenere ulteriori dati per lo studio delle interazioni tra la magnetosfera e il vento solare.
I primi risultati sembrano indicare che la magnetosfera sia molto più grande di quanto ci si aspettasse, estesa almeno il doppio di quella che era stata registrata dal Voyager 1. Gli scienziati ipotizzano che questo sia dovuto ad una diminuzione della pressione del vento solare (registrata dalla sonda ACE presso la Terra due settimane prima), che ha permesso alla magnetosfera gioviana di espandersi.
La sonda Cassini ha inoltre raccolto le prime immagini della magnetosfera di Giove usando uno speciale strumento sensibile agli ioni e agli elettroni. Queste immagini sono una novità assoluta in quanto tale strumento non era mai stato usato in precedenza. In aggiunta, uno spettrometro della Cassini ha rilevato una significativa concentrazione di ioni di ossigeno, zolfo e biossido di zolfo a circa 21 milioni dalla luna Io, i cui vulcani sono probabilmente la fonte di tali ioni. Sono state perciò messe in programma altre osservazioni congiunte Galileo-Cassini del satellite Io, al fine di studiare le interazioni tra l'atmosfera di questa luna e il campo magnetico di Giove.
La sonda Cassini sta inoltre raccogliendo una serie di immagini di Giove con lo scopo di analizzare la circolazione dell'atmosfera a varie altitudini. Tali immagini possono contribuire a spiegare da dove proviene l'energia che dà vita alle tempeste. Attualmente esistono due differenti ipotesi: in base al primo modello le piccole tempeste assorbono l'energia di quelle più grandi, mentre per il secondo le grandi tempeste prendono la loro energia inglobando quelle più piccole. I dati raccolti dalle due sonde Voyager e dalla Galileo tendono a confermare la seconda ipotesi, ma fino ad oggi gli scienziati non sono stati in grado di dire una parola definitiva sul punto.
La sonda Cassini continuerà ad osservare Giove e i suoi satelliti fino a tutto il mese di marzo, avendo anche l'occasione di analizzare il lato in ombra del pianeta. Gli astronomi ritengono che saranno necessari molti mesi di lavoro per studiare i dati raccolti in occasione dell'osservazione congiunta Galileo-Cassini.
L'Hubble Space Telescope stupisce ancora una volta con alcune straordinarie immagini delle galassie M81 e M82. Le ultime fotografie realizzate dal telescopio spaziale mostrano circa un centinaio di ammassi di stelle nei pressi di queste due galassie: ogni ammasso è composto da circa centomila stelle.
Lo studio di queste stelle permetterà agli astronomi di stabilire quando sia avvenuto lo scontro galattico: sembra infatti certo che gli ammassi siano nati proprio a causa dello scontro tra le due galassie. In base ai primi risultati, sembra che l'incontro tra M81 e M82 sia cominciato circa 600 milioni di anni fa e sia durato circa 100 milioni di anni. Tali risultati sono stati pubblicati sul numero di febbraio 2001 dell'Astronomical Journal.
In origine, prima di incontrarsi con M81, M82 non era certo una fucina di nuove stelle. "Poi però l'impatto tra le due galassie ha risvegliato l'attività di quella che altrimenti sarebbe stata una normale e tranquilla galassia a disco", ha affermato Richard de Grijs dell'University of Cambridge, che sta guidando un team internazionale di astronomi nello studio di M82. "Probabilmente l'incontro galattico ha provocato la concentrazione della materia da cui traggono origine le stelle".
Si discute su che cosa abbia fatto sì che le stelle di nuova formazione si riunissero in grandi ammassi. Sembra possibile che gran parte delle stelle si sia formata all'interno degli ammassi medesimi, che dunque sono nati innanzi tutto come grumi di materia stellare: solo successivamente sono nate le stelle. Le dimensioni del fenomeno sono davvero impressionanti, se si pensa che gli ammassi più grandi arrivano a contenere fino ad un milione di stelle!
Fino ad ora gli astronomi avevano studiato con cura solamente gli ammassi globulari che fanno parte della nostra Via Lattea. Essi ritenevano che questo tipo di ammassi si fosse potuto formare solo nei primi stadi dell'evoluzione galattica, molti miliardi di anni fa. Le osservazioni realizzate grazie all'impiego del telescopio Hubble, invece, dimostrano che la formazione di ammassi globulari continua ancora oggi. E questo è un contributo non indifferente per la comprensione della struttura del nostro universo.
Le fotografie raccolte dal telescopio spaziale Hubble hanno consentito di realizzare una suggestiva immagine di una galassia vista perfettamente di taglio: NGC 4013. Questa nuova immagine rivela con squisita precisione le enormi nubi di polveri e gas che si estendono lungo tutto il piano della galassia e si protendono verso l'esterno.
NGC 4013 è una galassia spirale, simile alla nostra Via Lattea, e si trova a circa 55 milioni di anni luce dalla Terra, nella direzione della costellazione dell'Orsa Maggiore. Se potessimo vederla nella prospettiva nord-sud, ammireremmo una spirale quasi circolare, ma dal nostro punto di vista NGC 4013 appare di taglio. Benché si trovi ad una distanza così grande, la galassia risulta ben più grande del campo del telescopio spaziale e l'immagine mostra poco più di metà dell'oggetto, con una ricchezza di dettagli senza precedenti.
Le nubi di polvere intestellare appaiono nell'immagine perché assorbono la luce delle stelle retrostanti. La maggior parte delle nubi giace sul piano della galassia, formando quella striscia nera, spessa circa 500 anni luce, che sembra tagliare la galassia in due metà. Un effetto simile può essere osservato nel nostro cielo. Se si guarda la Via Lattea da una località lontana dalle luci della città, si vede la striscia luminosa della nostra galassia separata in due parti da zone più oscure.
Quando la luce attraversa uno spazio che contiene piccole particelle (per esempio, molecole nell'atmosfera della Terra o polveri interstellari nelle galassie), essa diviene più debole e più rossa. Studiando il colore e la quantità di luce che viene assorbita da queste nubi in NGC 4013, gli astronomi possono stimare la quantità di materia che le costituisce. Sembra che la massa di ogni singola nube sia pari a circa un milione di volte di quella del nostro Sole.
Si ritiene che le stelle di nuova formazione nascano nelle nubi interstellari. Quando le polveri si disperdono, le giovani stelle divengono visibili come grappoli di stelle azzurre. NGC 4013 possiede molti esempi di queste "fucine stellari", visibili presso il centro dell'immagine, di fronte al nastro scuro che corre lungo l'equatore della galassia. La stella molto brillante presso l'angolo superiore sinistro non appartiene a NGC 4013, ma è una stella della nostra Via Lattea che per caso si trova sulla medesima linea visuale.
Questa immagine è stata realizzata grazie ad una serie di fotografie raccolte con il telescopio spaziale dal dottor J. Christopher Howk (John Hopkins University) e dal dottor Blair D. Savage (University of Wisconsin-Madison).
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