Notiziario n. 14 - Autunno 1998 |
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News astronomiche |
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a cura di Marco Murara (Associazione Astrofili Trentini) |
Un progetto del Jet Propulsion Laboratory (JPL), il cui scopo è quello di cercare oggetti celesti che si avvicinano alla Terra, ha scoperto due asteroidi le cui orbite intersecano quella del nostro pianeta. Tuttavia per ora si può stare tranquilli: gli astronomi sottolineano che tali asteroidi non si renderanno pericolosi per almeno molti decenni.
I due asteroidi, designati come 1998 OH e 1998 OR2, sono davvero notevoli per via delle loro dimensioni. Si stima che entrambi abbiano un diametro compreso tra uno e tre chilometri: abbastanza per causare seri danni a livello globale, se uno colpisse la Terra.
Per il prossimo futuro, comunque, non dovrebbe esserci alcun pericolo: ad ogni buon conto, nei prossimi mesi verranno effettuate nuove osservazioni al fine di determinare accuratamente le loro orbite. Al momento, si è calcolato che l'asteroide 1998 OH non possa avvicinarsi a più di 5 milioni di chilometri dalla Terra.
Gli asteroidi sono stati scoperti utilizzando il Near Earth Asteroid Tracking Telescope, un telescopio automatizzato di un metro di diametro situato sulla sommità di Haleakala, la montagna più alta sull'isola di Maui, nelle Hawaii. Lo scopo di questo telescopio è appunto quello di scoprire e studiare in anticipo tutti gli asteroidi e tutte le comete che costituiscano una potenziale minaccia per la Terra.
Recentemente nuovi studi hanno gettato ulteriori dubbi sul fatto che un meteorite marziano contenga le prove dell'esistenza della vita sul pianeta rosso. Le ricerche criticano le affermazioni dell'esistenza della vita nel meteorite ALH 84001 su molti fronti, dalla temperatura di formazione del meteorite alle forme dei fossili che vi sarebbero contenuti.
Alcuni ricercatori dell'University of Hawaii, studiando i cristalli di carbonato visti nel meteorite, hanno rilevato che essi si sono formati a temperature molto alte: se fossero un prodotto di processi biologici avrebbero dovuto formarsi ad una temperatura inferiore. I cristalli di carbonato, infatti, osservati con microscopi ottici ed elettronici, appaiono compressi e completamente circondati dalla pietra: ciò dimostra che il carbonato allo stato liquido è colato tra gli interstizi della roccia. E questo può avvenire solo con una temperatura elevata.
Un altro gruppo di ricercatori dell'University of Arkansas ha studiato numerosi meteoriti marziani e lunari con un microscopio a scansione. Nei meteoriti provenienti dalla Luna sono state trovate varie strutture praticamente identiche ai "fossili" dell'ALH 84001. Poiché probabilmente la Luna è stata sempre priva di vita, questa scoperta mette in dubbio che quelle particolari forme del meteorite marziano siano dei minuscoli batteri fossilizzati.
Altri ricercatori dell'University of Massachusetts hanno dimostrato che la reazione chimica adoperata per provare l'esistenza di microrganismi su Marte non è assolutamente possibile. Certi scienziati avevano creduto che la formazione di idrogeno nel basalto situato a grandi profondità potrebbe rivelare la presenza di vita. I ricercatori del Massachusetts, invece, hanno accertato che l'idrogeno non si può formare in quelle condizioni.
Questi studi sono solo alcuni esempi delle critiche che ha suscitato la teoria, annunciata per la prima volta nell'agosto 1996, secondo la quale il meteorite ALH 84001 contiene le prove dell'esistenza della vita marziana. E mentre gli scienziati del Johnson Space Center e dell'University of Stanford continuano a sostenere tale teoria, un numero sempre maggiore di studiosi sta dando voce alle proprie perplessità.
L'ex astronauta Alan Shepard, il primo americano a volare nello spazio e uno dei dodici uomini che hanno posto piede sulla Luna, è morto il 22 luglio scorso, dopo una battaglia contro il cancro. Aveva 74 anni.
Nato a East Derry, New Hampshire, Shepard si diplomò alla Naval Academy nel 1944: durante la seconda guerra mondiale prestò servizio a bordo di un cacciatorpediniere, diventando poi pilota collaudatore. Nel 1959 venne selezionato come astronauta: due anni più tardi, il 5 maggio 1961, divenne il primo americano a volare nello spazio, compiendo un volo suborbitale di quindici minuti a bordo della capsula Freedom 7.
Shepard era considerato l'uomo adatto per guidare la prima missione Gemini, ma un grave disturbo all'orecchio interno lo fece rimanere a terra. Dopo che un'operazione ebbe risolto questo problema, Shepard fu assegnato al comando della missione Apollo 13, ma poi si ritenne che lui e il suo equipaggio, Edgar Mitchell e Stuart Roosa, avessero bisogno di un ulteriore periodo di addestramento.
Verso la fine del gennaio 1971, Shepard, Mitchell e Roosa volarono sulla Luna a bordo dell'Apollo 14. Di questa missione si ricordano non tanto i risultati scientifici, quanto piuttosto alcune attività fuori programma, come ad esempio la partita a golf sulla superficie lunare.
Shepard si ritirò dalla NASA e dalla Marina nel 1974, intraprendendo una fortunata carriera in numerose attività, dallo sviluppo della proprietà commerciale alla distribuzione della birra. Ebbe anche un ruolo importante nella fondazione dell'attuale National Space Society.
"L'intera famiglia della NASA è profondamente addolorata per la scomparsa di Alan Shepard," ha detto l'amministratore Dan Goldin. "La NASA ha perso uno dei suoi più grandi pionieri; l'America ha perso una stella davvero luminosa."
Un'anomalia sulla sonda Galileo durante l'avvicinamento ad Europa, una delle più grandi lune di Giove, ha interrotto le operazioni e ha impedito la prevista raccolta di dati scientifici. È stato rilevato un problema con uno dei due sottosistemi che inviano e ricevono i dati: il sistema difettoso è stato perciò spento, mentre è stato attivato il secondo.
Il problema si è verificato il 20 luglio scorso, quando la sonda stava passando nei pressi di Europa. La trasmissione dei dati si è interrotta per circa 20 minuti, finché venne reso operante il secondo sistema di comunicazione. I responsabili della missione hanno affermato che Galileo e i suoi strumenti non corrono al momento alcun pericolo e che la sonda dovrebbe tornare ad operare normalmente tra breve tempo.
L'anomalia, comunque, ha interrotto l'osservazione di Europa. La maggior parte dei dati raccolti durante l'avvicinamento al satellite gioviano è andata perduta, e nessuna nuova rilevazione verrà effettuata finché la situazione sulla sonda non sarà ritornata alla normalità.
Questo passaggio vicino ad Europa era il quinto da quando Galileo ha cominciato la sua missione lo scorso dicembre. Ne sono in programma altri tre, il prossimo dei quali avverrà il 26 settembre.
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