Notiziario n. 12 - Primavera 1998 |
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Il problema della longitudine (Seconda parte) |
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di Marco Murara (Associazione Astrofili Trentini) | (Segue dal numero precedente) |
Nello scorso numero del Notiziario abbiamo visto come l'Académie Royale des Sciences fosse stata capace di trovare un metodo affidabile per calcolare la longitudine dalla terraferma: esaminiamo ora come si riuscì a risolvere definitivamente tale problema anche in mare aperto.
Nel 1662 un gruppo di filosofi e scienziati inglesi, tra cui John Wilkins, John Wallis e Robert Hooke, diede vita alla Royal Society of London for the Promotion of Natural Knowledge. Lo statuto della società fu sottoscritto dal re, Carlo II: uno degli scopi statutari era quello di "trovare la longitudine".
Robert Hooke si era interessato a lungo di orologi, per vedere se tali strumenti avrebbero potuto risultare utili per risolvere il problema della longitudine. Dopo aver svolto varie indagini, egli concluse che costruire un orologio sufficientemente accurato per segnare il tempo in mare era virtualmente impossibile: "Difficoltà insormontabili sono date dal cambiamento dei climi, dall'alternarsi di caldo e freddo, dalle vibrazioni generate dal moto della nave...". Ciononostante Hooke tenne varie conferenze al riguardo, illustrando almeno venti modi diversi di usare una molla per realizzare un orologio con moto più uniforme.
Nel febbraio del 1675 John Flamsteed riprese in considerazione il metodo della distanza lunare proposto più di un secolo e mezzo prima da Johann Werner. Il mese successivo Flamsteed convinse il re a finanziare la costruzione di un osservatorio reale, di cui fu nominato primo direttore. Le motivazioni della nomina sono quanto mai esplicite: Flamsteed doveva "applicarsi con cura e diligenza per perfezionare le tavole dei moti celesti, accertare le posizioni delle stelle fisse e trovare la tanto desiderata longitudine al fine di migliorare l'arte della navigazione". Due giorni dopo la nomina di Flamsteed, si decise che il nuovo osservatorio doveva trovare posto a Greenwich: i lavori della costruzione del Royal Observatory cominciarono nello stesso 1675, sotto la direzione di Robert Hooke. Flamsteed e Halley procurarono i primi strumenti: nel 1676 si cominciarono a fare le osservazioni.
L'idea di utilizzare il satellite della Terra come una sorta di orologio celeste suggeriva di stilare delle tabelle che consentissero di prevedere con precisione la posizione della Luna rispetto alle stelle situate nei pressi dell'eclittica. In tal modo si sarebbe potuto ricavare una sorta di "tempo universale lunare" da mettere a confronto con il tempo locale e così calcolare agevolmente la longitudine. Come ben si comprende, affinché questo metodo potesse funzionare senza grossi errori erano necessarie enormi quantità di dati e di calcoli, grazie ai quali prevedere accuratamente l'itinerario della Luna tra le "stelle fisse". Flamsteed trascorse ben quindici anni, tra il 1689 e il 1704, a raccogliere dati per compilare tavole lunari quanto più precise possibili. Le sue osservazioni gli consentirono inoltre di compilare un accuratissimo catalogo stellare, che egli pubblicò nel 1725 con il titolo di Historia Coelestis Britannica e che classificava più di 3000 stelle, denominate con un numero arabo seguito dal genitivo del nome latino della costellazione.
Nello stesso periodo, tra gli ultimi decenni del Seicento e i primi anni del Settecento, si verificò un gran numero di incidenti nei quali svariate navi inglesi andarono perdute perché non riuscivano a stabilire la loro posizione con sufficiente precisione. L'incidente più serio avvenne nel 1707, quando oltre duemila uomini perirono nel naufragio di quattro navi militari sulle coste delle Isole Scilly, al largo della Cornovaglia. Di conseguenza la ricerca di una soluzione al problema della longitudine veniva richiesta con sempre maggiore urgenza.
Il 16 giugno 1714 il parlamento inglese emanò il cosiddetto Longitude Act, con il quale si stabilì "una ricompensa per la persona o le persone che scopriranno la longitudine". L'ammontare del premio fu differenziato a seconda della precisione raggiunta: 10.000 sterline se la longitudine fosse stata determinata con un errore di un grado, 15.000 se l'errore fosse stato di due terzi di grado, e 20.000 se l'errore fosse stato inferiore al mezzo grado. Per comprendere il valore di questo premio, basti ricordare soltanto che lo stipendio annuale di Flamsteed era di 100 sterline (tasse escluse...). Il Longitude Act istituì anche un collegio di giudici di grandissimo prestigio, tutti insigniti dell'ordine della Giarrettiera, che divenne noto come Board of Longitude (Commissione della Longitudine).
Ci furono numerosissime proposte, basate sui metodi più svariati. Una di esse, che forse può essere considerata la più assurda, utilizzava un miracoloso ritrovato dell'alchimia, la cosiddetta polvere simpatica di Sir Kenelm Digby. Si riteneva che tale sostanza, applicata su un pezzo di benda che fosse venuto a contatto con una ferita, avrebbe causato dolore alla persona malata, ovunque essa si trovasse. Si propose dunque di equipaggiare la nave con un cane appositamente ferito e di incaricare una persona di fiducia rimasta a Londra di cospargere con la polvere simpatica, ogni giorno a mezzogiorno, le bende del cane. Di conseguenza l'animale a bordo della nave si sarebbe messo a guaire, e grazie ai suoi gemiti il capitano avrebbe dedotto che in quell'istante a Londra stavano scoccando le dodici: quindi, senza fallo, egli avrebbe potuto calcolare la longitudine.
Nel 1715 John Harrison, un carpentiere autodidatta di Foulby, nello Yorkshire, costruì il suo primo orologio. Una dozzina di anni dopo realizzò uno strumento con un pendolo "a graticola", formato da nove piccole barre in acciaio e in ottone alternate, capaci di neutralizzare gli sbalzi di temperatura. Nel 1730 Harrison andò a Londra portando con sé il suo nuovo pendolo: dopo aver appreso quanto era richiesto per vincere il premio della longitudine, egli si incontrò con Halley, divenuto Astronomo Reale dopo la morte di Flamsteed, il quale lo consigliò di non chiedere finanziamenti alla Commissione della Longitudine, ma piuttosto di cercare soldi da altre fonti. In effetti Halley sapeva che i membri della Commissione, in gran parte scienziati e astronomi, erano favorevoli al metodo delle distanze lunari e perciò erano prevenuti nei confronti di altri sistemi.
Cinque anni più tardi Harrison riuscì a completare l'orologio che aveva in mente, che poi venne designato con la sigla H1. Tale strumento pesava quasi quaranta chilogrammi e il suo volume sfiorava il metro cubo. L'invenzione venne esaminata da cinque membri della Royal Society, tra i quali lo stesso Halley: malgrado il loro parere favorevole, la Commissione della Longitudine rimase alquanto scettica, ma tuttavia concesse che venisse fatta una prova in mare. Fu così effettuato un viaggio di andata e ritorno tra Londra e Lisbona: l'orologio si comportò abbastanza bene e Harrison ricevette una somma di 500 sterline come incentivo per la costruzione di un nuovo, più accurato modello.
Nel frattempo, grazie al lavoro di Halley, Mayer e Maskelyne, vennero pubblicate le prime effemeridi lunari di una certa precisione, con le quali si poteva calcolare la longitudine con un margine di errore di circa un grado e mezzo. Ma oltre a questo margine di errore non certo trascurabile, il metodo della distanza lunare presentava almeno altri due difetti: anzitutto i capitani delle navi erano costretti ad eseguire una serie di osservazioni e di calcoli complessi, e le cose potevano protrarsi addirittura per tre o quattro ore prima di giungere ad un risultato; in secondo luogo il metodo non era sempre applicabile, dato che ovviamente la Luna e le "stelle fisse" non potevano essere osservate nei giorni prossimi al novilunio.
Nel 1759 Harrison presentò il suo strumento definitivo, l'H4, un orologio di una dozzina di centimetri di diametro, che venne imbarcato sul Deptford, destinato a compiere la traversata atlantica da Londra alla Giamaica. Il viaggio durò ottantuno giorni: il ritardo accumulato dall'orologio fu di soli cinque secondi. Le condizioni stabilite dal Longitude Act si potevano dire pienamente soddisfatte: tuttavia la Commissione della Longitudine, molti dei cui componenti erano impegnati nella sperimentazione del metodo lunare, accampò una serie di pretesti pur di non dichiarare Harrison vincitore. Soltanto dopo una petizione a re Giorgio III, nel 1772 un John Harrison ormai quasi ottantenne si vide assegnare la metà del premio prestabilito, vale a dire 10.000 sterline. Una parte della ricompensa, pari 3.000 sterline, venne concessa alla vedova di Mayer, principale autore delle prime effemeridi lunari.
A dire il vero, anche l'uso degli orologi aveva un grosso difetto: il costo. Ben pochi capitani, infatti, potevano permettersi il lusso di acquistare uno strumento la cui realizzazione richiedeva parecchi mesi di manodopera altamente specializzata. Perciò nel corso della prima metà dell'Ottocento il metodo più sfruttato, malgrado tutte le sue imperfezioni, fu quello della distanza lunare: solo dopo il 1880 si cominciò ad avere una più ampia diffusione degli orologi di marina. Ma ormai il "problema della longitudine" era definitivamente risolto.
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