Notiziario n. 12 - Primavera 1998 |
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La cosmologia moderna |
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di Elia Cozzi (Gruppo Astrofili "G. e A. Bernasconi") |
La cosmologia è la scienza che studia l'origine e l'evoluzione dell'Universo. Nella storia del pensiero scientifico occidentale, essa ha avuto un ruolo molto importante e in qualche modo legato alla filosofia e alla religione. Fino a pochi secoli fa, l'universo conosciuto era descritto dal Sistema Tolemaico, secondo il quale il cosmo era perfetto ed immutabile ed aveva il suo centro nella Terra. Con Copernico, Galileo e Keplero terminò la concezione geocentrica dell'universo e si passò ad una concezione eliocentrica. Non si trattò solo di un semplice cambiamento di prospettiva, ma dell'avvio di una vera e propria rivoluzione nella scienza, perché da allora in avanti il dogma lasciò il posto alla sperimentazione.
Oggi sappiamo che la Terra non è al centro dell'Universo, ma fa parte di un sistema planetario; questo a sua volta è parte della Via Lattea, la quale non è altro che una delle moltissime galassie presenti nell'Universo. Tuttavia, fino a pochi decenni fa si credeva che la nostra Galassia costituisse l'intero cosmo e che tutte le stelle e le nebulose visibili ne facessero parte. Soltanto negli anni '20, l'astronomo Edwin Hubble scoprì che alcune di quelle stelle e nebulose sono esterne alla Via Lattea e sono in realtà galassie molto distanti.
L'espansione dell'Universo e il Big Bang
Nel 1929, Hubble scoprì anche che tutte le galassie sembrano allontanarsi da noi, infatti la radiazione che esse emettono è spostata verso il lato rosso dello spettro, cioè presentano il fenomeno del redshift: nello spettro della luce visibile, il colore è funzione della lunghezza d'onda. Intorno ai 4.000 Angstrom la luce ha un colore violetto, che al crescere della lunghezza d'onda passa al verde, al giallo e poi al rosso, intorno ai 7.000 Angstrom. Quando una sorgente si avvicina o si allontana da un osservatore, la luce che essa emette si comporta come le onde acustiche. È noto che quando un treno si avvicina il suo fischio diventa più acuto, perché le onde arrivano ad intervalli sempre più brevi man mano che la sorgente si avvicina; viceversa il tono diventa più grave quando il treno si allontana. Questo è il cosiddetto "effetto Doppler". Allo stesso modo, quando una sorgente di luce si avvicina, è come se il numero di oscillazioni per unità di tempo dell'onda elettromagnetica aumentasse, così la lunghezza d'onda decresce e si dice che la luce si sposta verso il blu ("blueshift"). Se invece la sorgente si allontana dall'osservatore, la lunghezza d'onda sembra aumentare e si ha lo spostamento della luce verso il rosso (in inglese "redshift"). Lo spostamento è direttamente proporzionale alla velocità della sorgente luminosa. Il redshift si calcola per mezzo di alcune righe spettrali facilmente identificabili, misurando la differenza tra la loro lunghezza d'onda e quella avrebbero se venissero emesse da una sorgente in quiete, essendo quest'ultima conosciuta. Misurando la velocità delle galassie tramite il loro redshift, e la loro distanza, Hubble stabilì che esse si allontanano da noi ad una velocità tanto maggiore quanto più grande è la loro distanza, secondo quella che è ora conosciuta come "legge di Hubble":
dove V è la velocità di allontanamento della galassia, d la sua distanza e Ho è la costante di Hubble. L'Universo, dunque, è soggetto ad un moto di espansione. Questo fatto dà l'impressione che la Terra sia il centro di un moto generale di recessione, mentre in realtà esso non ha un centro. Pensiamo ai punti disegnati su un palloncino che viene gonfiato; essi si allontanano l'uno dall'altro con velocità proporzionale alla loro distanza: ogni punto può essere considerato come il centro dell'espansione. Allo stesso modo, noi non siamo al centro dell'espansione dell'Universo, ma in un suo punto qualsiasi: un altro osservatore, posto in un punto qualsiasi su un'altra galassia, vedrebbe esattamente le stesse cose che vediamo noi. Un altro duro colpo per l'orgoglio dell'uomo...
La constatazione che l'Universo si espande ha posto un problema nuovo: quello della sua nascita. Il fatto che le galassie si stiano allontanando l'una dall'altra implica che, se ritornassero indietro con la stessa velocità, dopo qualche miliardo di anni si rincontrerebbero, e tutta la materia che compone l'Universo formerebbe un agglomerato densissimo e molto caldo. Questa considerazione ha condotto alla teoria evolutiva del "Big Bang", cioè di un'enorme esplosione iniziale che diede origine all'Universo e che ne causò l'espansione che ancora oggi osserviamo. Secondo questa teoria, l'Universo primordiale sarebbe statocomposto di materia densissima e caldissima, concentrata in uno spazio infinitesimo. Il suo stato fisico era così estremo che è difficile perfino da immaginare; solo la fisica teorica è in grado di descriverlo. Esso sarebbe poi esploso e si sarebbe espanso, diventando sempre meno caldo e meno denso, fino ad assumere gradatamente l'aspetto con il quale oggi lo conosciamo. Dalla legge di Hubble si deduce che l'Universo è nato 15-20 miliardi di anni fa; in realtà, la determinazione della sua età è molto più complessa e rappresenta uno dei problemi principali che la cosmologia moderna si trova ad affrontare. Il valore della costante di Hubble attualmente accettato è compreso tra i 50 e i 100 Km/sec per Megaparsec; ovvero, le galassie si muovono con velocità che crescono di 50-100 Km/sec per ogni Megaparsec di distanza da noi.
Il primo a proporre lo scenario di un'esplosione iniziale fu l'abate G.Lemaitre nel 1927, ma solo negli anni '40 il fisico G.Gamow lo affrontò in modo più quantitativo. Egli ipotizzò che i nuclei atomici più leggeri (idrogeno, elio, deuterio e litio) si siano formati nei primi istanti di vita del cosmo. Successivamente è stato verificato che le quantità di tali elementi presenti nell'Universo corrispondono con quelle previste dalla teoria, confermandone la validità. Un'altra conferma è giunta nel 1965 con la scoperta casuale di una debole radiazione che permea tutto l 'Universo, proveniente da tutte le direzioni. Essa ha un massimo di intensità alla lunghezza d'onda di 2.6 cm e viene detta radiazione di fondo cosmica. Si pensa che sia il residuo della radiazione intensissima ed altamente energetica che si è prodotta poco dopo ilBig Bang.
Dal Big Bang alla formazione delle galassie
La teoria del Big Bang consente di spiegare un gran numero di osservazioni e perciò viene considerata un'ipotesi di lavoro attendibile; anche se presenta ancora qualche problema ed è stata più volte messa in discussione, attualmente non vi sono valide teorie alternative. Ma che cosa è successo nelle prime fasi della vita dell'Universo? L'Universo secondo i fisici non cominciò all'istante zero, bensì ad un istante detto "tempo di Planck", 10^-43 secondi dopo il Big Bang. Prima di questo istante, esso è completamente inaccessibile, perché tutta la materia e l'energia che lo componevano erano così concentrate da costituire una "singolarità": uno stato estremo, nel quale lo spaziotempo della Relatività non ha nemmeno senso, e che non fa parte della fisica che conosciamo.
Al tempo di Planck, l'Universo era caldissimo (T=10^32 gradi) e aveva una dimensione di 10^-33 cm. Successivamente si formarono le prime particelle, i quark, dai quali nacquero poi neutroni e protoni, con le relative antiparticelle. Materia e antimateria infatti sono sempre state presenti entrambe nell'Universo. Dopo 10^-23 secondi, l'Universo era ancora piccolissimo, delle dimensioni di un protone. Da questo momento fino a 10-6 secondi dopo il Big Bang, protoni e antiprotoni si annichilarono, cioè si fusero trasformando le intere loro masse (m) in energia elettromagnetica (E), secondo l'equazione di Einstein E=mc^2. In seguito comparvero elettroni ed antielettroni, che si annichilarono anch'essi.
Queste annichilazioni produssero enormi quantità di energia, sotto forma di radiazione elettromagnetica. L'Universo era dominato dalla radiazione e perciò questo periodo prende il nome di "era radiativa". Ad 1 minuto di età si formarono i primi nuclei atomici (deuterio, elio e litio): la temperatura dell'Universo era scesa sotto i 10 miliardi di gradi, così i protoni e i neutroni rimasti cominciarono ad urtarsi con violenza minore e a dar luogo alle prime reazioni di fusione nucleare. Dopo qualche migliaio di anni, l'Universo non era più dominato dalla radiazione, ma dalla materia; questa era però ancora immersa in una radiazione molto intensa ed energetica. La temperatura era ancora molto alta a quindi materia ed energia erano accoppiate, cioè si trasformavano continuamente l'una nell'altra. Si dovette attendere fino a 300mila anni dopo il Big Bang perché la temperatura scendesse ancora ed esse si disaccoppiassero: da quel momento l'Universo diventò trasparente alla radiazione. Nel frattempo, gli elettroni si unirono ai nuclei per formare gli atomi.
Dopo qualche centinaio di milioni di anni, la temperatura era scesa sotto i 4000 gradi; gli elettroni si combinarono con i nuclei: la materia divenne in gran parte elettricamente neutra e la sua interazione con la radiazione diventò molto meno frequente. La materia poté quindi cominciare ad aggregarsi ed in seguito si formarono le prime protogalassie: gigantesche nubi di gas freddissimo (-220°C) che dettero origine alle galassie, per collasso gravitazionale, nel miliardo di anni successivo. Dopo circa 2-3 miliardi di anni dal Big Bang, le galassie cominciarono a riunirsi in ammassi e a 4 miliardi di anni si formarono le prime stelle. L'Universo nel frattempo si era espanso e raffreddato, la radiazione era diventata molto meno energetica, cioè si era spostata a lunghezze d'onda maggiori: il tutto aveva cominciato ad assumere l'aspetto con il quale oggi lo conosciamo.
L'orizzonte cosmologico e il modello inflazionario
Dato che la velocità della luce è finita, anche se molto grande, quella che ci arriva oggi da galassie molto distanti è partita milioni o miliardi di anni fa, quindi ci fornisce un'immagine di come queste erano milioni o miliardi di anni prima, durante le prime fasi della loro vita. Più distante è un oggetto nello spazio, più "giovane" lo vediamo. La galassia più vicina alla nostra, quella di Andromeda, dista da noi "soltanto" due milioni di anni luce, ma con gli attuali strumenti è possibile osservare galassie e quasar distanti anche 13 miliardi di anni luce, cioè molto giovani. Come abbiamo visto, più una galassia è distante e più velocemente si allontana da noi. Dato che la velocità di allontanamento di una galassia viene misurata tramite il redshift (spostamento verso il rosso) del suo spettro, le galassie lontanissime vengono dette "galassie ad alto redshift". La loro osservazione è di estremo interesse per i cosmologi, dato che può fornire informazioni sul'Universo nei primi miliardi di anni dopo il Big Bang. Per questo motivo sono stati costruiti strumenti astronomici come il Telescopio Spaziale Hubble e i nuovi telescopi giganti a terra. Questi ultimi hanno diametri di 8^-10 metri e sono dotati di particolari ottiche per correggere le deformazioni delle immagini dovute al
disturbo atmosferico. Questi strumenti saranno in grado di compiere osservazioni sempre più profonde dello spazio, cioè sempre più indietro nel tempo.
Non tutto l'Universo, comunque, è accessibile alle nostre osservazioni, indipendentemente dalla potenza degli strumenti astronomici: se osserviamo per esempio una galassia distante 10 miliardi di anni luce, possiamo osservarla soltanto com'era 10 miliardi di anni fa, ma non com'era, poniamo, 8 miliardi di anni fa: la luce che essa ha emesso in quel momento ci arriverà solo tra 2 miliardi di anni. Ovvero, in ogni istante ci sono settori dello spazio e del tempo (o meglio, dello spaziotempo) che sono a noi inaccessibili, così come parte del nostro passato è inaccessibile a galassie lontane. Questo definisce il cosiddetto "orizzonte cosmologico", cioè quel settore dello spaziotempo accessibile a noi. Di tutto quello che sta al di fuori dell'orizzonte nonpossiamo avere informazioni.
L'orizzonte cosmologico ha costituito un problema per la teoria del Big Bang. Se due oggetti nello spazio sono in grado di comunicare tra loro per mezzo di un "segnale" (meccanico o luminoso), si dice che sono in contatto causale, nel senso che l'uno può provocare nell'altro un effetto, in conseguenza del segnale che gli invia (per esempio una perturbazione meccanica, o un
irraggiamento luminoso). I segnali viaggiano nello spazio ad una velocità finita, quindi gli effetti di un segnale emesso da un oggetto sull'altro, si faranno sentire solo un certo tempo, tanto maggiore tanto più distanti essi sono. La regione dello spaziotempo entro la quale un corpo può avere con altri una relazione causa-effetto, si dice "orizzonte causale". Dove sta il problema? Anche se vi sono addensamenti di galassie ed ammassi e regioni relativamente "vuote", l'Universo appare nel complesso omogeneo e isotropo (cioè ha le stesse proprietà nei vari punti dello spazio e nelle varie direzioni). Anche regioni dell'Universo tra loro molto lontane, ciascuna al di fuori dell'orizzonte causale dell'altra, sembrano avere proprietà simili. Nemmeno la luce, il segnale che viaggia più veloce, avrebbe potuto metterle in contatto causa-effetto. Come hanno fatto allora a comunicarsi le informazioni che hanno permesso loro di "accordarsi" su proprietà simili ?
Nei primi anni '80, Alan Guth propose una modifica al modello classico del Big Bang, il cosiddetto "modello inflazionario". Esso prevede che nei primi istanti di vita dopo il Big Bang, precisamente dopo 10^-35 secondi, l'Universo abbia subito una rapidissima espansione, detta "inflazione", che nel giro di 10^-32 secondi ha aumentato le sue dimensioni di un fattore 10^50. Dopo questa fase, l'evoluzione sarebbe proseguita secondo la teoria classica del Big Bang. Prima della fase inflattiva l'Universo era così piccolo che le galassie che adesso sono al di fuori dei rispettivi orizzonti causali potevano trovarsi in contatto causa-effetto. Viene così risolto il problema dell'orizzonte, così come altri problemi della teoria classica del Big Bang. Qual è stata la causa del fenomeno inflazionario? Secondo Guth, essa va ricercata nell'ambito delle teorie recenti della fisica, che cercano di unificare le quattro interazioni fondamentali: la forza gravitazionale, quella elettromagnetica, quella debole e quella nucleare forte. Queste quattro forze sarebbero manifestazioni diverse di un'unica interazione. Alle altissime temperature e densità dei primi istanti di vita dell'Universo, esse erano la stessa cosa; si sarebbero poi diversificate nel tempo, via via che l'Universo si raffreddava e si espandeva. Fu proprio durante questo processo di diversificazione che avvenne l'inflazione.
La radiazione di fondo cosmica
La teoria del Big Bang rimase per molti anni una semplice ipotesi di lavoro, mancando le prove della sua validità, fino a quando non venne scoperta la radiazione di fondo cosmico a microonde (Cosmic Microwave Background Radiation, CMBR). Nel 1965 due tecnici dei laboratori della Bell Telephone, studiando un rumore di fondo dell'antenna radio, si accorsero che si trattava in realtà di un debole segnale radio proveniente dallo spazio, con la medesima intensità in tutte le direzioni. Ben presto si scoprì che esso poteva essere il residuo della radiazione prodotta, secondo la teoria del Big Bang, dopo l'esplosione che ha dato origine all'universo. La radiazione di fondo venne quindi studiata per verificare le previsioni dei vari modelli cosmologici nell'ambito della teoria del Big Bang. Nel 1990, il satellite COBE (COsmic Background Explorer) lanciato dalla NASA, scoprì che la CMBR aveva esattamente lo stesso profilo di intensità previsto dalla teoria.
La CMBR non è altro che la radiazione prodotta dopo il Big Bang, spostatasi a basse frequenze a causa dell'espansione e del raffreddamento dell'Universo. La radiazione viene caratterizzata, in astrofisica, da una temperatura tipica, detta "temperatura di corpo nero". Tanto maggiore è la frequenza della radiazione, tanto maggiore è la sua temperatura di corpo nero. La CMBR è una radiazione di bassissima frequenza, con una lunghezza d'onda intorno a 0.2 cm euna temperatura caratteristica intorno ai 3 gradi Kelvin (ben -270°C).
La struttura a larga scala dell'Universo
Nel 1992, COBE fece un'altra importante scoperta: la CMBR presenta delle lievissime variazioni di intensità alle varie frequenze (cioè variazioni di temperatura) nelle varie direzioni dello spazio. Questa scoperta è stata molto importante, perché ha confermato la teoria. Infatti, dato che la radiazione di fondo si è prodotta per annichilazione di materia e antimateria, la disomogeneità della radiazione di fondo rispecchia quella nella distribuzione della materia nello spazio. La materia primordiale non era cioè distribuita in modo omogeneo, bensì in regioni leggermente più dense o meno dense rispetto alla media. Anche se l'Universo su larghissima scala è quasi omogeneo, la misura delle posizioni di migliaia di galassie, compiute dagli astronomi negli ultimi anni, ha mostrato che esse non sono distribuite uniformemente. Le galassie e gli ammassi si riuniscono in enormi addensamenti piatti, come dei giganteschi "fogli", e altri allungati, detti "filamenti", separati tra loro da immense regioni vuote, i cosiddetti "voids". La struttura d'insieme dell'Universo assomiglia quindi ad una sorta di "spugna". Inoltre, molti ammassi di galassie sono coinvolti in moti d'insieme verso altri giganteschi ammassi, detti "attrattori" per la loro spinta gravitazionale.
Come si spiegano queste strutture? Secondo i cosmologi, sono dovute all'amplificazione di piccolissime disomogeneità nella distribuzione iniziale di materia, le stesse rivelate dall'anisotropia della radiazione di fondo cosmica. Dopo il Big Bang, su scale temporali di miliardi di anni, le forze gravitazionali avrebbero "condensato" la materia sempre più. Si sarebbero formate prima le galassie, poi gli ammassi e i superammassi, e infine le strutture più grandi come gli attrattori.
La materia oscura
Il modo in cui si sono formate le strutture su larga scala dell'Universo dipende dal campo gravitazionale esistente, cioè dalla quantità totale di materia presente. Sembra che una componente particolare della materia abbia guidato, più delle altre, questo processo di addensamento: la cosiddetta "materia oscura", che secondo le moderne teorie domina l'Universo. Negli ultimi decenni, gli astronomi hanno raccolto svariate prove dell'esistenza di un tipo di materia invisibile che lega galassie e ammassi di galassie per mezzo della sua attrazione gravitazionale, ma la sua natura resta tuttora ignota. La sua presenza è rivelata da alcune evidenze indirette: Questi fenomeni, insieme alle previsioni della teoria del Big Bang, fanno ritenere che la materia oscura costituisca all'incirca il 90% della materia complessivamente presente nell'Universo, e pertanto la stragrande maggioranza di quest'ultima sfugga alle nostre osservazioni.
Ma da che cosa è costituita la materia oscura ? Dato che di essa possiamo ottenere solo informazioni indirette, la sua natura resta ancora incerta. Potrebbe trattarsi di materia ordinaria, cioè la stessa di cui sono fatte stelle e pianeti, ma non nelle condizioni di emettere radiazione. Per esempio,potrebbe essere composta di pianeti o di "nane brune", cioè troppo poco massicce per produrre energia con la fusione nucleare. Tuttavia, si pensa che il numero di questi oggetti sia molto più basso di quello necessario per poter spiegare gli effetti osservati della materia oscura. Un'altra ipotesi, più plausibile, è che si tratti di materia "esotica", cioè diversa dai comuni protoni, neutroni ed elettroni. Per esempio, potrebbe trattarsi di neutrini massivi. Si ritiene infatti che i neutrini siano particelle prive di massa, ma alcuni recenti esperimenti fanno pensare che siano dotati di una massa, anche se piccolissima (1/5000 della massa di un elettrone). Dato che i neutrini sono comunissimi e permeano l'Universo come la radiazione, basterebbero da soli per rendere conto degli effetti osservati della materia oscura. Un altro tipo di materia oscura possibile è costituita da particelle ancora più "strane" e ancora sconosciute, la cui esistenza è prevista dalla fisica teorica ma non è ancora stata dimostrata. Si tratta delle cosiddette "particelle massive debolmente interagenti": gli assioni, i fotini, i gravitini, gli squark, ...
Di qualunque cosa sia composta, la materia oscura domina l'Universo, ne rappresenta la sorgente principale della forza gravitazionale ed è responsabile in larga parte della sua struttura. Si può dire quindi che non sappiamo ancora di che cosa è fatta la maggior parte del nostro Universo!
L'Universo della Relatività Generale
Il primo a considerare il problema della struttura globale dell'Universo fu Einstein, nel 1917. Due anni dopo aver pubblicato la teoria della Relatività Generale , lo scienziato mise a punto il primo modello matematico di universo. Come descritto in questa teoria, il tempo e lo spazio non possono essere dissociati: essi formano un insieme unico a quattro dimensioni, lo spaziotempo.
Secondo la Relatività Generale, lo spaziotempo viene incurvato dall'azione delle masse: intorno a tutti i corpi materiali lo spazio si deforma, tanto piùq uanto maggiore è la loro massa, e a sua volta la traiettoria di un corpo qualsiasi segue la curvatura dello spaziotempo. Il cammino più breve tra due punti non è più la linea retta, ma una curva chiamata "geodetica". Pensiamo
per esempio ad un tessuto elastico disteso in orizzontale, sul quale venga appoggiato un corpo pesante: il tessuto in quel punto forma un avvallamento tanto più profondo quanto più pesante è il corpo; se si fa scorrere una pallina sopra il tessuto, la sua traiettoria sarà rettilinea lontano dalla buca, e curva nei suoi dintorni.
L'Universo racchiude in sé una massa enorme, quindi dev'essere globalmente incurvato. La curvatura dello spaziotempo dipende dalla densità di materia che contiene. Esiste secondo la Relatività una densità critica (10^-29 g/cm^3 ), alla quale l'Universo si incurverebbe così tanto da richiudersi completamente su se stesso. Da qui nasce la necessità di determinare con precisione la densità della materia nel cosmo, dalla quale, come vedremo più avanti, dipende il suo destino finale.
Einstein costruì un modello di universo statico, omogeneo e isotropo, le cui proprietà sono cioè le stesse in ogni istante, in ogni punto e in ogni direzione dello spazio. Il moto di allontanamento delle galassie era infatti sconosciuto nel 1917. Per ottenere un modello statico, lo scienziato fu costretto ad introdurre nelle sue equazioni un termine "ad hoc", la cosiddetta costante cosmologica. Nel 1922 A. Friedmann notò che, togliendo dalle equazioni la costante cosmologica, l'Universo di Einstein diviene soggetto ad un moto di espansione, con una curvatura che decresce nel tempo in conseguenza della "diluizione" della materia al suo interno. In realtà, quindi, non sono le galassie che si allontanano ma è lo spazio stesso che si dilata, trascinando con sé tutti gli oggetti che contiene.
Il destino dell'Universo
La teoria del Big Bang descrive l'origine e l'evoluzione dell'Universo fino ad oggi, ma quale sarà la sua evoluzione futura ? Si potrebbe pensare che l'espansione iniziata col Big Bang continuerà all'infinito. In realtà, il destino del nostro Universo potrà anche essere diverso. Al suo interno agiscono due forze contrapposte: la spinta dell'espansione, che fa allontanare le galassie sempre più l'una dall'altra, e la forza di gravitazione, che tende a tenerle legate e a frenare l'espansione. Quale sarà la fine dell'Universo verrà deciso da quale delle due prevarrà. Come abbiamo visto, esiste una densità critica della materia, al di sopra della quale l'attrazione gravitazionale può frenare l'espansione. I cosmologi preferiscono usare un parametro, detto Omega, per descrivere il tipo di universo in cui viviamo. Omega rappresenta il rapporto tra la densità di materia totale presente nell'Universo e la densità critica. Se Omega è minore di 1, la materia presente è insufficiente per controbilanciare la spinta di espansione, e l'Universo è destinato ad espandersi indefinitamente. Questo tipo di universo si dice "aperto". Se Omega è maggiore di 1, al contrario, l'espansione verrà prima o poi frenata e poi, lentamente, le galassie cominceranno a riavvicinarsi, fino a scontrarsi e a fondersi tra loro, in un gigantesco impatto che viene definito "Big Crunch" (la situazione opposta al Big Bang). Questo è il caso di universo "chiuso". Infine, se Omega è esattamente uguale a 1, l'espansione rallenterà lentamente ma l'attrazione gravitazionale non sarà sufficiente a far collassare l'Universo su se stesso. È questo il caso di universo "piatto".
Da queste considerazioni appare chiara l'importanza di determinare la quantità di materia presente nel cosmo. Come si può fare? Ci sono fondamentalmente due metodi: il primo consiste nel misurare la densità media della materia, sommando le masse di tutte le galassie presenti in un certo volume e dividendo per il volume stesso, naturalmente tenendo conto della loro distribuzione irregolare. Purtroppo, come abbiamo visto, la gran parte della massa che ci circonda è costituita da materia oscura, inaccessibile alle osservazioni. Per questo motivo è così importante stabilire qual è il suo contributo esatto alla massa totale dell'Universo. Il secondo metodo consiste nell'osservare la velocità di allontanamento di galassie a diverse distanze, cioè di diverse età, e calcolare di quanto l'Universo ha decelerato la propria espansione negli ultimi miliardi di anni.
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