Notiziario n. 1 - Settembre 1994 |
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Giove: che spettacolo! |
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a cura di Marco Murara e Christian Lavarian (Associazione Astrofili Trentini) |
Il pianeta gigante del sistema solare è stato senza dubbio il corpo celeste più osservato di questa estate. Astronomi e astrofili sono stati impegnati e lo sono tuttora con ogni strumento e tecnica di ripresa per poter osservare gli incredibili impatti della Shoemaker-Levy nell'atmosfera del pianeta. Riportiamo di seguito la traduzione di un articolo apparso su Time International e di alcune circolari IAUC apparse in area echo Astro.ita.
Finalmente le montagne hanno terminato di grandinare su Giove, e dopo i loro impatti catastrofici i frammenti si sono placati. Qui sulla Terra, l'autostrada dell'informazione potrà cominciare a liberarsi, non appena gli utenti di Internet ridurranno la loro spasmodica ricerca di immagini sullo scontro celeste. Ed eccetto una serie di osservazioni la prossima settimana e un'altra alla fine di agosto, il telescopio spaziale Hubble si muoverà per guardare verso altri corpi celesti. Ma nel cortile di casa gli astrofili stanno ancora scrutando attentamente attraverso i loro telescopi, per cogliere qualche bagliore delle ammaccature che la Shoemaker-Levy 9 ha lasciato su Giove: esse sono i fenomeni più rilevanti che siano mai stati visti sul pianeta gigante. Altre persone si affollano negli osservatori e nei planetari per vedere per che cosa è stato fatto tutto questo chiasso. La scorsa settimana gli scienziati hanno avuto a mala pena tempo per dormire, se non per pensare: ora finalmente stanno distogliendo la loro attenzione dalle immagini spettacolari, per iniziare il lungo e difficile lavoro di riflessione su quello che si può apprendere dal grande impatto cometario. Dice Keith Noll, un astronomo dello Space Telescope Institute di Baltimora, Maryland: "Dovremo riflettere su questo materiale per mesi."
C'è una domanda che forse non troverà mai risposta: la Shoemaker-Levy 9 era veramente una cometa, o era invece un asteroide? Di solito le comete sono costituite da una miscela di ghiaccio, roccia e polvere, insieme con sostanze, come il monossido di carbonio, che evaporano facilmente, formando un alone e una coda. Studiando la composizione delle chiazze provocate dall'impatto della Shoemaker-Levy con Giove, gli scienziati pensavano di poter vedere tracce d'acqua e di ossigeno, due fra i prodotti che risultano dalla vaporizzazione di una cometa. Ma a parte un rapporto non confermato, i ricercatori hanno trovato soltanto ammoniaca, acido solfidrico e zolfo gassoso.
Gli asteroidi sono più rocciosi delle comete: tuttavia è possibile che anch'essi possiedano un alone o una coda, formati per lo più da polvere. Dice Hal Weaver, dello Space Telescope Institute: "L'unica vera prova è costituita dal fatto che la Shoemaker-Levy era una cometa che si è spezzata, e noi non abbiamo mai visto un asteroide spezzarsi. Ma forse poteva essere un asteroide fragile".
L'astrofilo David Levy, che ha scoperto la Shoemaker-Levy con Eugene e Carolyn Shoemaker, mostra che in origine le comete erano distinte in base al loro aspetto. Esse sono oggetti che appaiono come stelle sfuocate con la coda, e in ogni secolo passato gli astronomi avrebbero chiamato cometa questa scoperta. "In base a ciò", sostiene Levy, "Shoemaker-Levy 9 è una cometa, punto".
L'apparente assenza di acqua nei luoghi di impatto fornisce un indizio riguardo alla profondità raggiunta dai frammenti nell'atmosfera gioviana prima di esplodere. I teorici ritengono che a circa 95 km sotto la parte visibile delle nubi ci sia uno strato di vapore acqueo; sopra tale vapore, a circa 50 km di profondità, si pensa che ci siano nubi di idrosolfuro di ammonio, un composto dello zolfo. Poiché pare che non sia stata rimescolata alcuna acqua, probabilmente l'esplosione ha avuto luogo nel presunto strato di zolfo. Se i ricercatori confermeranno che dello zolfo è scaturito da Giove, sarà un'importante scoperta, dice l'astronomo Roger Yelle, dell'Università dell'Arizona. Abbiamo sempre creduto chebuona parte del colore delle nubi gioviane fosse dovuto a composti solforici, ma non li abbiamo mai rilevati.
Nessuno comprende perché i punti di impatto siano così scuri - un mistero che potrà richiedere mesi per essere risolto -, ma è chiaro che si trovano negli strati alti dell'atmosfera di Giove, dato che le note fasce del pianeta possono essere viste anche attraverso di loro. L'astronoma Heidi Hammel, dell'Institute of Technology del Massachusetts, sostiene che gli impatti forniranno l'opportunità di studiare i venti che soffiano sopra le nubi di Giove. Il marchio lasciato dal primo impatto - osserva - ha già iniziato ad essere sparso intorno. Ci sono anche indizi di increspature di onde sismiche, che possono aver viaggiato permigliaia di chilometri nel denso strato di idrogeno liquido e poi essere rimbalzate in superficie, creando anelli che coprono la metà della faccia visibile del pianeta. Tali onde possono contribuire alla definizione della struttura interna di Giove.
Indubbiamente le macchie che sono state provocate dalle collisioni alla fine saranno sparse intorno, ma è troppo presto per dire se ci saranno cambiamenti duraturi su Giove. C'è pure la possibilità che gli impatti, in particolare quelli dei quattro frammenti che sono caduti all'incirca nello stesso puntofra mercoledì e giovedì, possano destabilizzare l'atmosfera gioviana e creare un nuovo ciclone permanente, simile alla Grande Macchia Rossa.
È possibile anche che lo spettacolo non sia ancora terminato. Al National Aeronautics and Space Administration Jet Propulsion Laboratory degli Stati Uniti, i teorici sostengono, sulla base di una simulazione al computer, che dei detriti sono rimasti indietro rispetto ai 21 frammenti maggiori. Si prevede che tali detriti entreranno in collisione con Giove in settembre. A differenza dei frammenti caduti la scorsa settimana, alcuni degli ultimi pezzi potrebbero esplodere sulla faccia visibile del pianeta, concedendo agli astronomi la possibilità di osservare direttamente alcune esplosioni. È plausibile questa teoria? Risponde Weaver: "Costoro sono gli stessi che dissero che i frammenti erano davvero grandi e che gli impatti sarebbero stati tremendi. Avevano ragione, e molti altri no. Abbiamo già avuto così tante sorprese dalla Shoemaker-Levy 9, che io non escluderei nulla".
(da un articolo di Michael D. Lemonick, comparso su TIME INTERNATIONAL n 31, 1 agosto 1994)
Stiamo continuando ad usare lo spettrometro infrarosso (IRIS) sul telescopio anglo-australiano da 3,9 metri (AAT), all'Osservatorio di Siding Spring (presso Coonabarabran, Australia), per registrare gli impatti della cometa Shoemaker-Levy 9 con Giove. Il 22 luglio le osservazioni sono iniziate alle 04:28 UT. Alle 14:28, ora locale, il sole era ancora alto, ma il cielo risultava limpido e all'inizio la visibilità era di circa 1 arcsec. Le immagini delle colonne del potassio e dell'idrogeno del disco gioviano sono state registrate tra le 4:30 e le 5:30 UT. Inizialmente le immagini della colonna del potassio hanno mostrato i punti di impatto dei frammenti K e L come nubi luminose negli emisferi del mattino e del pomeriggio a circa 45 di latitudine sud. Non abbiamo potuto distinguere facilmente il punto d'impatto di P2 da quello di K.
La scansione delle oscillazioni del potassio è stata usata per registrare l'esplosione del frammento R con un tempo di integrazione di 1,5 secondi per ogni posizione orizzontale. In questo modo abbiamo ottenuto un'immagine spettrale completa di Giove, risolta spazialmente (0,6 arcsec/pixel), ogni 2 minuti (R ca. 300).
La rilevazione dell'esplosione per l'impatto del frammento R è stata come una sfida un po' particolare: essa infatti si è verificata mentre c'era il sole e doveva accadere proprio quando i punti d'impatto dei frammenti D e G si stavano avvicinando al margine mattutino. Come se non bastasse, la visibilità è peggiorata a 2-3 arcsec poco prima del momento previsto per l'impatto, complicando ulteriormente la rilevazione dell'esplosione.
Dapprincipio, alle 05:34 UT, sul margine mattutino è apparsa una chiara fonte luminosa puntiforme: in via provvisoria, essa è stata identificata come l'esplosione causata dall'impatto del frammento R. Alle 05:42, quando la visibilità è migliorata, la fonte luminosa è cresciuta di intensità in modo sorprendente, saturando il rilevatore alle 05:45:33 e producendo dei picchi di diffrazione ben distinti, proprio come le esplosioni associate agli impatti dei frammenti G e K, osservate al principio di questa settimana. Poco prima della saturazione, il fenomeno era almeno 200 volte più luminoso della calotta sud-polare a 2,34 microns. Alle 05:47 UT, l'apertura del telescopio è stata ridotta a 2,3 metri per portare indietro il rilevatore sulla scala. Alle 05:48 UT, la luminosità del fenomeno era ancora circa 200 volte più brillante della calotta sud-polare. Verso le 05:50, la sua luminosità è decresciuta con un fattore di almeno 25: allora l'obiettivo è stato riportato alla sua massima apertura di 3,9 metri. Intorno alle 06:00, una fonte luminosa è apparsa sul margine: non siamo stati in grado, però, di determinare se essa corrispondesse al punto d'impatto del frammento R, G, D o Q2.
Continuiamo a registrare questi punti di impatto.
AAT 3,9 m Observing Team:
Vikki Meadows (JPL)
Stuart Lumsden (AAO)
Steve Lee (AAO)
Le osservazioni di Giove da parte dello spettrometro ultravioletto di Voyager 2 sono cominciate l'8 luglio e sono proseguite senza sosta, se si escludono alcune interruzioni nella copertura del collegamento telemetrico. La lunghezza d'onda variava approssimativamente da 50 a 170 nm. A questo punto abbiamo esaminato i dati raccolti durante gli impatti dei frammenti A, B, C, D, F, G e H della Shoemaker-Levy 9. Da questi frammenti non abbiamo ancora rilevato alcun segnale di qualche importanza; seguiranno analisi più dettagliate. Le osservazioni di Voyager continueranno fino al 17 agosto.
Bill Sandel LPL, U Arizona
Tre sonde spaziali della NASA, lanciate alcuni anni fa per esplorare vari pianeti e il sole, osserveranno il fenomeno degli impatti della Shoemaker-Levy 9 con Giove da prospettive eccezionali, assai lontane dalla Terra. Esse sono Voyager 2, Galileo e Ulysses, frutto quest'ultimo della collaborazione NASA/ESA.
In effetti, solamente Voyager e Galileo saranno le due sonde in vista dei punti di impatto di molti frammenti sulla faccia notturna del pianeta.
Voyager 2, lanciato nell'agosto del 1977, ora è in procinto di lasciare il sistema solare, dopo aver sfiorato e osservato Giove, Saturno, Urano e Nettuno: a metà di luglio, ovvero quando si verificherà l'impatto, si troverà a circa 6 miliardi di chilometri da Giove. Userà il suo spettrometro ultravioletto e i suoi strumenti di radioastronomia planetaria per rilevare e misurare le emissioni provocate dagli impatti.
La sonda Galileo è ora all'ultima tappa del suo volo verso l'orbita di Giove, dopo aver compiuto una complessa traiettoria interplanetaria comprendente le spinte gravitazionali di Venere e della Terra e l'incontro con due asteroidi. Galileo invierà una sonda nell'atmosfera gioviana e a partire dal 1995 orbiterà per due anni intorno a Giove.
Tra il 16 e il 22 luglio, quando i frammenti entreranno in collisione con Giove, Galileo si troverà a circa 240 milioni di chilometri dal pianeta, e potrà osservare direttamente le zone dell'impatto nell'emisfero notturno. A quella distanza la sua telecamera potrà risolvere l'immagine di Giove come un disco di 60 pixels di diametro: ciò è paragonabile alla capacità dei più grandi telescopi posti sulla Terra. (Un pixel, o elemento di immagine, è un punto nell'immagine digitalizzata.)
Galileo è dotato di uno spettrometro che rileva la luce vicina all'infrarosso, di un fotopolarimetro e di uno spettrometro ultravioletto: tali strumenti misureranno tutta la luce proveniente da Giove, tentando di rilevare le variazioni al momento degli impatti. I sensori delle onde plasma e il rilevatore di polvere saranno operanti per registrare emissioni radio dagli impatti e mutamenti nelle polveri che circondano Giove.
Il gruppo di astronomi che fa riferimento a Galileo pensa di tentare vari sistemi differenti per riprendere il fenomeno della Shoemaker-Levy. Uno di questi sistemi è quello di raccogliere come in un mosaico molte immagini lungoesposte, visto che i tempi degli impatti possono variare di molti minuti. Le incertezze in merito ai tempi e i limiti nella memorizzazione dei dati fanno sì che questo metodo possa essere utilizzato per osservare soltanto alcune delle collisioni. La presa di immagini policrome - per le quali la telecamera deve eseguire diverse esposizioni di seguito con vari filtri colorati - sarà tentata per altri impatti.
I comandi per l'esecuzione di questo complesso programma di osservazione con più strumenti devono essere trasmessi alla sonda con molti giorni di anticipo: e questo limita assai le opportunità di rilevare i dati più recenti. La sonda eseguirà il programma quando verrà il momento, mentre il gruppo di volo osserverà le sue azioni e riceverà alcuni dati scientifici, inviati con molta calma dalla piccola antenna di Galileo.
Dopo che il fenomeno della Shoemaker-Levy sarà terminato, il gruppo di volo esaminerà i dati registrati sui nastri di bordo di Galileo e ordinerà alla sonda di selezionare le osservazioni più interessanti da trasmettere; tale procedura di selezione è stata provata in occasione dell'incontro con i due asteroidi. Potrà venire ottobre o novembre 1994, prima che la maggior parte dei dati raccolti da Galileo su questi impatti possa essere trasmessa dalla sonda a Terra.
Pure Ulysses, la missione NASA/ESA per studiare i poli solari, cercherà di rilevare eventuali onde radio prodotte dalla Shoemaker-Levy. In luglio questa sonda si troverà a metà del suo passaggio più meridionale intorno al sole - compiendo misurazioni sul vento, sui campi e sulle particelle solari da posizioni inferiori a 20 gradi dal polo sud del sole.
In quel periodo Ulysses si troverà a circa 400 milioni di chilometri dal sole e circa il doppio da Giove. I suoi strumenti, che rilevano contemporaneamente le onde radio e le onde plasma, cercheranno di vedere se a causa della Shoemaker-Levy proverranno emissioni radio dalla magnetosfera di Giove.
Il Radiometro Fotopolarimetro (PPR) della sonda Galileo ha osservato Giove per 41 minuti, durante i periodi corrispondenti ai tempi delle osservazioni terrestri da 198/02:22 a 198/03:03 UTC per il frammento B e da 199/19:11 a 199/19:52 UTC per quello H. Il PPR ha un campo visivo che corrisponde a circa quattro volte le dimensioni di Giove. Per queste osservazioni è stato adoperato un filtro a 945 nm; il tempo-campione è stato di 0,4 secondi.
Per quanto riguarda l'impatto B non è stata rilevata alcuna traccia. L'impatto H, invece, è stato visto alle 19:31:59 UTC. La luminosità corrispondeva a circa il 2% di quella di Giove: il segnale è salito al valore massimo in circa 2 secondi e poi è decresciuto sui livelli precedenti in 25 secondi.
Galileo si trova in una posizione adatta a vedere direttamente i punti d'impatto, ad una distanza di 240 milioni di chilometri; l'angolo di fase di Giove è di 51 gradi.
Terry Z. Martin, Leslie K. Tamppari e I. Claypool
Ulysses, dalla sua posizione vantaggiosa, alta sulla regione del polo meridionale del sole, ha una visione diretta dell'area d'impatto. Gli strumenti URAP coprono la gamma di frequenze da 1 Khz a 1 Mhz, con un grado di sensibilità davvero elevato. Tale gamma di frequenze comprende molti dei radiocomponenti conosciuti di Giove, e questi componenti sono rilevati dall'URAP abbastanza regolarmente e con facilità.
Ebbene, noi abbiamo elaborato i dati URAP sull'impatto Q e non abbiamo rilevato alcuna emissione radio chiaramente identificabile connessa agli impatti. Sia Giove che il sole sono molto attivi, ma non in modo straordinario. Continueremo ad analizzare i nostri dati, alla ricerca di effetti meno appariscenti o di lunga durata dovuti agli impatti, ma a questo punto non crediamo che si manifesterà qualcosa.
M.L. Kaiser, R.J.
MacDowall, M.D.
Desch, W.M. Farrell,
R.G. Stone
Goddard Space Flight Center, Greenbelt, MD 20771
a cura di Marco Murara
Associazione Astrofili Trentini
Qui dalla bassa pianura modenese dove è risaputo il cielo è spesso velato a causa della eccessiva umidità, in compenso offre immagini planetarie con un buon seeng ed in particolare VENERDI 23/07/94 la visione di Giove impattato dairesti della SL9 era eccezionale !!! Osservando con uno S.C-25cm.F/10 il bordo inferiore del pianeta presentava 2 grosse macchie scurissime la più grossa delle quali sembrava addirittura presentare una specie di "debole vortice ???", (impressioni ricavate a 167 ingrandimenti ed ancor di più a 250x) mentre l'altra, alla sua sinistra, era più regolare. Osservando attentamente ho notato altri 3 fori neri, nettamente,inferiori come dimensioni ma molto contrastati. Entusiasmato da quella visione alle ore T.U.19,30 ho applicato al telescopio una telecamera CCD in bianco/nero ed ho digitalizzato alcune immagini che ora mi presterò ad elaborare. Se qualcuno avesse fatto esperienze analoghe alla mia mi farebbe piacere scambiare alcune opinioni in merito, compreso eventuali scambi di immagini e/o tecniche di ripresa utilizzate in quanto... non si finisce mai di imparare, anzi!!!
Giorgio Mengoli
Dopo la sorpresa, per me, dell'osservazione della macchia del nucleo G su Giove, effettuata il 18/7, già descritta in un precedente messaggio ho proseguito nelle sere successive la sorveglianza del pianeta. Le macchie si sono moltiplicate, credo che tutti ve ne siate accorti. Ho effettuato uscite osservatice il 21, il 22 ed il 23/7. La prima offriva un seeing cattivo, quindi non si è potuto fare molto,inoltre dopo un po' il cielo si è completamente coperto.Attorno alle 20:00 T.U. erano visibili 2 macchie scure circolari, di dimensioni simili a quelle della Macchia rossa. Di colorazione brunastra, ma di intensità minore rispetto a quella vista il 18/7, oserei stimarla ad una via di mezzo tra quella della NEB e quella della SEB. Il telescopio usato è stato il mio Newton da 20cm f/5 a 200x. La seconda sera ho osservato Giove con un dobsoniano da 33 cm del C.A.V. assieme ad altri soci. Ad 83x era visibile sicuramente 1 macchia (o forse erano 2), con una colorazione scura molto intensa.
Dal terminatore se ne stava affacciando un'altra (questo circa alle 20:15 T.U.). La terza sera sono andato in altura (sui Monti Lessini a quota 1340m) con il mio strunmento. Il seeing e la trasparenza erano buoni (seeing 2). Alle 19:30 T.U. ho rilevato 3 macchie, due veramente enormi, credo che queste fossero composite, cosicché in realtà potrebbero essere state almeno 6. Queste 2 macchie erano a cavallo del meridiano, mostravano un colore bruno scuro intensissimo, addirittura più intenso di quello della NEB. Avevano forma irregolare (una di esse aveva le sembianze di un "coniglio" rannicchiato senza orecchie 8-))). Queste macchie dovrebbero essere il prodotto degli impatti Q2, G, e L, (e probabilmente anche di altri nuclei). Interessante la forma della leggera banda che si trovava appena a nord delle macchie: essa si era adattata alla loro presenza, allargandosi nelle zone tra macchia e macchia e restringendosi, o scomparendo nelle zone occupate dalle macchie. La terza macchia, quella più ad est aveva dimensioni e intensità minori delle altre due, e probabilmente dovuta all'impatto del nucleo Q1. Per questa osservazione ho usato ingrandimenti variabili da 200 a 400x (al limite) e filtri giallo (15) e azzurro (80A).
Giuliano Pinazzi
Circolo Astrofili Veronesi
Dall'Osservatorio di M.Comun, di F. Castellani con gli amici del Circolo Astrofili Veronesi Italo Anzolin e Paolo Ettrapini, è stata avvistata una ECCEZIONALE MACCHIA SCURA, tramite il rifrattore (guida) da 12cm f/12 circa alle ore 19:40 T.U. e posta alle latitudini degli impatti della cometa Shoemaker-Levy 9. L'osservazione è entusiasmante e molto facile, questa nuova struttura è quindi visibile anche con piccoli strumenti. La struttura ha forma leggermente ovale in direzione E-W, di colore bruno scuro, con una intensità direi, più marcata di quella riscontrabile nella NEB, tanto che ad un certo punto ci è venuto il dubbio di aver confuso questa macchia con l'ombra di eclisse di uno dei satelliti... Facendo qualche calcolo essa dovrebbe essere il prodotto dell'impatto del nucleo G della cometa. La macchia sembra aver assunto subito il carattere di vortice, di ciò ci siamo accorti dal fatto che 2 piccole bande meridionali sembrano avvolgersi attorno a questa. GIOVE HA UNA NUOVA "MACCHIA ROSSA"!... almeno per il momento. Penso che sia il caso di seguire gli eventi, c'è la notizia che l'impatto del nucleo H, quello di ieri sera (18/7) nelle osservazioni presso gli osservatori professionali è stato eccezionale, chissà cosa ci riserveranno i nuclei Q1 e Q2.
Giuliano Pinazzi
Circolo Astrofili Veronesi
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