La vita della Terra è soggetta e dominata da quella del Sole ed è quindi evidente che le sue radiazioni regolari, cioè di carattere continuo, e irregolari, di carattere discontinuo, debbano avere una notevole influenza sui fenomeni che si svolgono sulla Terra. Già nella prima metà dell'Ottocento è stato scoperto che le radiazioni solari hanno una diretta influenza sul campo magnetico terrestre, sia con variazioni regolari, sia irregolari, secondo le condizioni della variabile attività del Sole. Ma il modo come questa influenza si propaghi e agisca sul campo magnetico terrestre non poteva essere messo in evidenza altro che con le continue osservazioni, condotte con diversi strumenti e metodi, dei fenomeni solari da un lato e dei fenomeni terrestri dall'altro. Così a poco a poco si svelava che tutta una classe di questi secondi dipende dal Sole, ma mentre le relazioni di alcuni di essi sono oggi abbastanza bene messe in evidenza, per altre occorrono ancora continuate osservazioni e ricerche.
Nel caso del magnetismo terrestre le osservazioni ininterrotte delle tre componenti, orizzontale, verticale e declinazione, ci informano che le variazioni diurne, stagionali e secolari sono in stretta correlazione coni fenomeni solari. Il Sole emette, nelle maggiori frequenze, radiazioni di diversa lunghezza d'onda che si propagano con la velocità della luce e ancora radiazioni corpuscolari con velocità molto inferiore, comprese fra i limiti di 350 e 2000 Km/s. Quando queste radiazioni di varia natura, provenienti direttamente dai brillamenti o in genere dalle regioni perturbate del Sole investono la Terra, producono disturbi caratteristici nel suo campo magnetico i quali vengono registrati dagli strumenti, che seguono con continuità l'andamento delle tre componenti. Si hanno in tal modo delle cosiddette "tempeste magnetiche". I risultati statistici portano alle seguenti conclusioni:
Ne segue di solito che quelle di minore intensità non richiedono la presenza di brillamenti. Le osservazioni informano che la nube corpuscolare viene emessa dal Sole in un cono con un'apertura semiangolare di circa 45 gradi. Soltanto per brillamenti di importanza 3 o 3+ l'intero cono viene riempito con una densità sufficiente a produrre una tempesta geomagnetica. Mentre le grandi macchie solari possono durare per parecchie rotazioni del Sole, le grandi tempeste magnetiche da esse prodotte non presentano una ricorrenza di 27 giorni. Ciò è conseguente al fatto che l'attività dei brillamenti, associata con una macchia, dura meno di una rotazione e che la presenza dei brillamenti è importante per la produzione delle grandi tempeste magnetiche. Per le piccole invece si ha una persistenza che si ripete con un periodo di 27 giorni, la cui origine si fa risalire a possibili centri di attività solare: le "regioni M" ["sorgenti di sciami di corpuscoli ionizzati che arrivano sulla Terra dopo circa 2 giorni, producendo perturbazioni nel campo magnetico terrestre", p. 141]. Si ha ragione di credere che il fenomeno che si sviluppa nelle regioni M sia costituito dal complesso dei filamenti e conseguenti condensazioni nei pennacchi coronali. Si trova infatti che uno sviluppo dell'area dei filamenti attorno il meridiano centrale del Sole avviene da 3 a 5 giorni prima che si presenti una perturbazione M sulla Terra. Questo fatto suggerisce che i filamenti stessi siano sorgenti di radiazione corpuscolare e le perturbazioni nel magnetismo terrestre prodotte dalle regioni M debbano propagarsi con velocità da 350 a 600 Km/s. Si ricordi ancora che i filamenti protuberanze sono quasi sempre circondati, come risulta dalle fotografie fatte durante le eclissi totali di Sole, da involucri concentrici, come condensazioni di vario splendore intervallati da spazi oscuri. Frequentemente le strutture di questi grandi involucri a cupola continuano nella corona esterna e terminano con un lungo pennacchio coronale. E` quindi probabile che filamenti-protuberanze e condensazioni coronali siano responsabili delle regioni M. Quest'ipotesi viene anche confermata dalla notevole persistenza della sequenza di 27 giorni nell'attività geomagnetica, in confronto alle breve durata delle altre simili perturbazioni. Si può infatti pensare che gli sciami corpuscolari si estendano come i filamenti in lunghezza e ruotino col Sole. In alcune fotografie di eclissi totali si ha l'impressione che i pennacchi coronali siano involucri tridimensionali dei lunghi ed estesi filamenti. La scoperta delle radiazioni corpuscolari emesse dal Sole ci dispensa dal credere che le macchie le quali, come si è visto, sono magneti giganti, siano direttamente responsabili dei fenomeni elettromagnetici che si producono sulla Terra. Si può invece fare l'ipotesi che il campo magnetico esterno della Terra, misurato finora soltanto sulla sua superficie, possa venire perturbato da correnti elettriche che fluiscono attorno ad essa. Se ciò accade, la formazione di una tempesta geomagnetica potrebbe verificarsi in seguito all'emissione da parte del Sole di uno sciame di corpuscoli che si propaga con la velocità di circa 1500 Km/s. La sua estensione, piccola in confronto alle dimensioni del Sole, va man mano allargandosi nel suo viaggio verso la Terra. Avvicinandosi a questa esso entra nel suo campo magnetico, il quale induce nello sciame stesso che è ionizzato, cioè composto soltanto di protoni e di elettroni, una corrente elettromagnetica. In conseguenza lo sciame viene frenato dalla forza esercitata dal campo geomagnetico sulla corrente indotta e si arresta a una conveniente distanza dalla Terra. Ma questa corrente a sua volta produce un altro campo magnetico, che si sovrappone a quello della Terra e genera quella perturbazione che viene registrata dai nostri strumenti sulla superficie terrestre nelle tre componenti del campo geomagnetico.
Un altro fenomeno la cui dipendenza dalle tempeste solari è bene evidente, è quello delle aurore polari la cui frequenza segue le perturbazioni geomagnetiche e quindi le cause che le producono debbono essere le stesse. E` ben noto che le aurore boreali e australi hanno come centro geometrico i poli magnetici rispettivamente nord e sud e attorno a questi si presentano con maggiore frequenza, specialmente durante i massimi dell'attività solare, mentre a latitudini più basse sono molto rare. Riferendosi a stelle visibili nel cielo insieme alle aurore, a mezzo di triangolazioni, si è determinato che esse si producono nell'alta atmosfera terrestre fra 90 e 1000 chilometri dalla superficie della Terra. [...]
Anche le righe di Balmer dell'idrogeno sono presenti nello spettro delle aurore; nel 1951 Meinel, osservando con lo spettrografo puntato in direzione dello zenit magnetico verso un'aurora brillante, notava che la riga H alfa presentava spostamenti Doppler. Di più il profilo di H alfa era nettamente asimmetrico e l'ala violetta indicava velocità dei protoni di almeno 3300 Km/s. Gli spettri ottenuti puntando l'aurora verso il polo magnetico presentavano la riga allargata ma non spostata. Questa scoperta da una buona conferma che le aurore, come le tempeste geomagnetiche, debbono essere prodotte dall'arrivo di sciami corpuscolari provenienti dal Sole. Da queste osservazioni si dovrebbe concludere che gli sciami producenti le aurore, quando arrivano in vicinanza della Terra, vengono accelerati e quindi entrano nella sua atmosfera con una velocità maggiore di quella con la quale essi compiono il tragitto Sole-Terra.
Stormer e altri investigatori hanno sviluppato teorie con le quali è possibile calcolare le traiettorie degli sciami di corpuscoli provenienti dal Sole. Questi, avvicinandosi alla Terra sotto l'influenza del campo magnetico terrestre, si affollano attorno ai suoi poli magnetici ed entrano in collisione con gli atomi della ionosfera. La teoria è in accordo con le manifestazioni e altezze delle aurore, la latitudine della zona di massima frequenza e il fatto che le aurore che arrivano fino a basse latitudini sono sempre accompagnate da tempeste geomagnetiche.
Secondo la teoria di Stormer i raggi catodici sono curvati verso la Terra già a una grande distanza da essa, avvicinandosi così alle regioni polari dove essi producono le aurore sulle regioni terrestri non illuminate dal Sole; anche molte altre traiettorie incontrano la Terra, specialmente nelle regioni antartiche. Gli strati ionizzati dell'alta atmosfera terrestre costituiscono quel complesso chiamato "ionosfera", studiato con grande dettaglio dai radiotecnici, così che si conoscono oggi le sue caratteristiche e le sue perturbazioni collegate strettamente con quelle del Sole. E noto che si distinguono nella ionosfera quattro strati principali: D, E, F1 e F2. Le loro altezze sono maggiori in inverno che non in estate, variando da circa 100 a 200 chilometri con determinate concentrazioni di elettroni. Durante il massimo di attività solare lo strato F2 può arrivare all'altezza di 400 chilometri con una massima concentrazione di elettroni per centimetro cubo di 6.8´105.
Varie teorie sono state sviluppate per spiegare la formazione, equilibrio e variabilità di questi strati per effetto delle radiazioni solari. Chimicamente essi non differiscono dagli altri strati dell'atmosfera terrestre, ma essendo sottoposti all'intensiva radiazione e ai raggi Röntgen emessi dal Sole i loro atomi di azoto e di ossigeno vengono più o meno ionizzati. Quanto più forte è l'azione del Sole, tanti più elettroni vengono allontanati dagli atomi e gli strati diventano sempre più conduttori dell'elettricità. La teoria informa che la più breve lunghezza d'onda che può venire riflessa dalla ionosfera, cioè la cosiddetta "frequenza limite", dipende direttamente dal numero di elettroni che si trovano nell'unità di volume della ionosfera. Oggi questa frequenza limite viene determinata con continuità in molte stazioni sparse su tutta la Terra e si è trovato che il suo andamento segue fedelmente le vicende dell'attività solare. È così possibile prevedere con notevole precisione le condizioni della ionosfera in base a quelle del Sole e stabilire le frequenze più favorevoli per le trasmissioni delle varie lunghezze d'onda.
Verso il 1930 si portava l'attenzione sul fatto che segnali radio di breve lunghezza d'onda talvolta e senza apparente ragione si indebolivano o addirittura scomparivano con evanescenze della durata di parecchi minuti e ritornavano poi normali. Successivamente si constatava che il fenomeno si verificava sull'emisfero della Terra illuminato dal Sole; inoltre che l'evanescenza era accompagnata da perturbazioni del campo magnetico terrestre. Questo fenomeno che è anche conosciuto col nome di "effetto Mogel-Dellinger", dai due investigatori che lo hanno messo in evidenza e studiato, accade quando si verificano dei brillamenti sul Sole. Questi emettono intense radiazioni di grande frequenza, che passano indisturbate attraverso i più alti strati E e F della ionosfera, ma arrivati allo strato D, dove il numero degli atomi nell'unità di volume è maggiore, gli elettroni liberi urtano con gli atomi, e le radioonde vengono smorzate. Quando le radiazioni del brillamento, che si propagano alla velocità della luce, arrivano allo strato D, questo si addensa e assorbe più o meno completamente le radioonde terrestri, con il conseguente fenomeno dell'evanescenza nelle nostre trasmissioni sulle regioni della Terra illuminate dal Sole.
Come esempio tipico dei fenomeni terrestri provocati da un intenso brillamento si può citare quello in luce bianca del 23 marzo 1958. Le registrazioni del magnetismo terrestre a Resensberg in Svizzera presentarono alle 10:00 (tempo universale) l'inizio di una tipica perturbazione prodotta da quella solare. Il suo massimo si registrò nell'intensità orizzontale e nella declinazione alle 10:15 ed ebbe termine alle 11:30. La perturbazione massima arrivò in declinazione fino a -10 primi d'arco, nell'intensità orizzontale -56´10-3 gauss e nell'intensità verticale -18´10-3 gauss. Sulla frequenza di 27KHz la registrazione dei parassiti atmosferici salì rapidamente alle 10:00 al doppio del suo valore normale. L'effetto Mogel-Dellinger si verificò con un'intensità notevolissima dalle 9:57 alle 15:30. Tutte le comunicazioni europee a onde corte furono interrotte, mentre quelle sulla lunghezza d'onda attorno ai 4 Km non furono disturbate nel corso del brillamento.
Infine notevoli perturbazioni geomagnetiche e ionosferiche, molto probabilmente causate da questo brillamento, si verificarono il 25 e il 26 marzo.