Nome italiano | Carena | ||||
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Stelle maggiori | alpha Carinae | Canopus | magn. -0,7 | AR: 06h 23m 57.17s | Dec: -52° 41' 44.5" |
beta Carinae | Miaplacidus | magn. 1,7 | AR: 09h 13m 12.14s | Dec: -69° 43' 02.2" | |
epsilon Carinae | Avior | magn. 1,8 | AR: 08h 22m 30.84s | Dec: -59° 30' 34.3" | |
theta Carinae | magn. 3,0 | AR: 10h 42m 57.34s | Dec: -64° 23' 39.9" | ||
iota Carinae | Aspidiske | magn. 2,3 | AR: 09h 17m 05.41s | Dec: -59° 16' 31.1" | |
ypsilon Carinae | magn. 3,1 | AR: 09h 47m 06.09s | Dec: -65° 04' 18.8" | ||
SAO 250905 | magn. 3,4 | AR: 10h 17m 04.93s | Dec: -61° 19' 56.3" | ||
Descrizione | Grande costellazione dell'emisfero australe, a sud-ovest del Centaurus. Contiene numerose stelle brillanti, tra cui si distingue Canopous, che con la sua magnitudine -0,7 è la seconda stella del cielo in ordine di luminosità: è una supergigante gialla, che dista da noi 116 anni luce. Di rilievo sono anche Miaplacidus, una stella bianco-azzurra, ed ypsilon Carinae, una doppia separabile con piccoli telescopi. Una menzione a parte merita eta Carinae. Questa stella, oggi di magnitudine 6,2, nel 1843 divenne tanto luminosa da raggiungere la magnitudine -1. Gli astronomi ritengono che eta Carinae sia una supergigante molto instabile, dotata di una massa cento volte più grande di quella del Sole: molto probabilmente essa esploderà e diventerà una supernova entro i prossimi diecimila anni. Intorno ad eta Carinae si trova una grande nebulosa diffusa, NGC 3372 (riprodotta qui a lato). La costellazione della Carina è ricca di ammassi stellari aperti: IC 2602, che si trova intorno a theta Carinae ed è assai simile alle Pleiadi (nella costellazione del Taurus); NGC 2516, composto da un centinaio di stelle tra le quali domina una gigante rossa di quinta magnitudine; e NGC 3532, un grande ammasso di forma ellittica, formato da circa 150 stelle di magnitudine inferiore alla sesta. |
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Mitologia e storia | La costellazione rappresenta la carena della galera a cinquanta remi sulla quale Giasone e gli Argonauti salparono per andare in Colchide e impadronirsi del vello d'oro (vedi la mitologia dell'Aries). La costruzione della nave fu opera di Argo, dal quale essa prese il nome. La storia dell'avventuroso viaggio fino in Colchide, attraverso il Bosforo e il Mar Nero, è narrata dal poeta ellenistico Apollonio Rodio nelle sue Argonautiche. Dopo aver preso il mare, la prima sosta dei cinquanta eroi è all'isola di Lemno; le donne del luogo, che avevano ucciso tutti i loro mariti, propongono ai nuovi venuti di prendere il loro posto: essi non disdegnano di trascorrere alcuni giorni in dilettevole compagnia, ma infine riprendono il viaggio. Successivamente gli Argonauti, ormai in prossimità del Bosforo, liberano il vecchio cieco Fineo dal flagello delle Arpie, che gli rubano e insozzano il cibo; in segno di gratitudine egli predice loro le avventure che li attendono e gli espedienti per superarle. La nave può così superare il pericoloso passaggio delle Simplegadi, le rupi mobili che frantumano tutto ciò che passi in mezzo a loro. Giunti in Colchide e impadronitisi del vello d'oro grazie all'aiuto di Medea, gli Argonauti affrontano il viaggio di ritorno, che però segue un itinerario diverso da quello dell'andata. La nave Argo risale il Danubio, quindi passa nel Rodano, e da questo giunge nel Tirreno; altre prove attendono gli eroi, che rivisitano i luoghi in cui la tradizione collocava le peripezie di Ulisse: Circe, le Sirene, Scilla e Cariddi, l'isola dei Feaci. Infine, dopo qualche altra avventura, la spedizione può fare felice ritorno sulle coste della Grecia. Fino alla metà del Settecento la costellazione della Carina era unita a quelle della Vela e della Puppis, in modo da formare l'unica grande costellazione della Navis Argo. La suddivisione venne operata definitivamente nel 1756 da Nicolas Louis de La Caille. |