Notiziario n. 7 - Estate 1996 |
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Le meteoriti: messaggeri di vita dallo spazio |
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di Giordano Cevolani (CNR/FISBAT, Bologna) |
Da più parti viene oggi riproposta con insistenza l'idea che la caduta sulla Terra di un certo tipi di meteoriti, le condriti carbonacee, oltre alla polvere interplanetaria costituita da particelle sub-millimetriche di origine cometaria ed asteroidale, abbia contribuito in modo forse determinante ad arricchire l'ambiente terrestre dei mattoni organici primordiali necessari al successivo sviluppo della vita. Le condriti carbonacee sono con buona probabilita` un prodotto della frammentazione di un tipo di asteroidi che hanno materiale molto scuro sulla loro superficie (per questo vengono talvolta definiti dark asteroids) e sono molto comuni nella parte più esterna della fascia principale tra Marte e Giove come risulta da osservazioni telescopiche fatte da alcune navicelle spaziali e da osservazioni all'infrarosso (IR). La maggior parte dell'informazione sulla natura chimica di questo tipo di asteroidi che mostra un potere riflettente (albedo) molto basso, proviene dall'analisi delle meteoriti carbonacee che contengono fino al 5% di materiale organico.
La frazione organica dominante è una componente insolubile macromolecolare, mentre la parte solubile contiene molte tipi di molecole organiche a struttura altamente differenziata. Le condriti carbonacee vengono ora considerate per la loro struttura e composizione chimica il tipo più primitivo di meteoriti,e sono ritenute a ragione l'anello di congiunzione tra gli asteroidi e le comete. L'interesse per le condriti in genere sta nel fatto che queste meteoriti sono i più remoti antenati del sistema solare, in pratica gli unici pezzi rimasti delle nebulose pre-solari, sopravissuti senza aver subito apprezzabili cambiamenti nella loro primitiva composizione da 4.5 milioni di anni a questa parte. Questi messaggeri dello spazio presentano in superficie degli aggregati sferici (condrule), che sono silicati eterogenei di materiale che si è fuso e risolidificato nell'attraversamento dell'atmosfera terrestre.
Le condrule sono un tipico aspetto di questi corpi minori non presente in alcuna roccia terrestre, e benché vi siano molte teorie sulla loro formazione, la loro apparizione sul corpo madre è ancora misteriosa in quanto si sa ben poco sui processi di interazione delle meteoriti con la nostra atmosfera. Le condriti carbonacee sono meteoriti che si sono formate a seguito di processi di condensazione a bassa pressione nella nebulosa pre-solare con conseguente formazione di carbonio, parzialmente nella forma di molecole organiche. Se si considera che alcuni aminoacidi che sono costituenti essenziali del RNA e DNA (la base cioè del nostro codice genetico), sono gli stessi rinvenuti in queste condriti, questo significa che i mattoni primordiali della vita possono formarsi nello spazio e sopravvivere anche nel vuoto in condizioni estreme. All'interno della più nota delle condriti carbonacee, la meteorite di Murchison rinvenuta in Australia nel 1969, alcuni ricercatori dell'Università di Birmingham in Alabama sono riusciti nel 1994 ad identificare attraverso una scarica elettrica eccitata in un tubo che simulava, per quanto possible, l'ambiente della nebulosa protoplanetaria, alcune molecole organiche complesse, costituite da un tipo di idrocarburi policiclici aromatici (IPA), molto affini alla nostra naftalina prodotta in laboratorio. L'aspetto più interessante in tutte queste analisi è che il materiale organico di significato prebiotico, come l'acido nonanoico, la glicina ed il pirene sopravvive in condizioni ambientali severe ed in più, il materiale estratto ad elevate temperature (più di 1000°C) è un nutriente di alcuni batteri presenti nell'humus terrestre. Questo starebbe a dimostrare la capacità dei microorganismi presenti nel nostro ambiente di metabolizzare materiale organico extraterrestre. I risultati delle analisi sulla crescita dei microbi sul materiale extraterrestre suggeriscono che il materiale asteroidale delle condriti carbonacee potrebbe essere trasformato in biomassa direttamente dai processi microbici.
Altri IPA sono stati rinvenuti utilizzando una sofisticata tecnica laser da alcuni scienziati del Johnson Space Center della NASA a Houston e del Dipartimento di Mineralogia a Londra, all'interno della meteorite Alan Hills (ALH)84001, la più vecchia (4,5 miliardi di anni) di una ristretta cerchia di "sassi" provenienti da Marte, caduta in Antartide circa 12 mila anni fa dopo essere sfuggita dal pianeta rosso a seguito di un impatto catastrofico di un asteroide sulla sua superficie. Anche se scoperta nel 1984, soltanto recentemente si è riconosciuta la sua grande importanza, in quanto essa è ritenuta la più vecchia del ristretto gruppo di meteoriti marziane note con le tre sigle SNC (si pronuncia snick), che sono le iniziali delle prime località dove sono state raccolte: Shergotty in India, Nakhala in Egitto e Chassigny in Francia. Queste meteoriti sono del tipo acondriti (vale a dire senza le caratteristiche condrule, con marcati segni di fusione e cristalizzazione) che sono catalogabili in base al loro contenuto di calcio ed hanno un'età minore di 1,5 miliardi di anni, più giovani cioè delle normali condriti e degli altri gruppi di acondriti.
Shergotty, che è la meteorite marziana più studiata, ha un'età di 360 milioni di anni ed ha avuto origine perciò da un grosso corpo rimasto attivo nella fase di magma fino ad un'epoca relativamente recente: Perché allora si è pensato sempre più insistentemente a Marte? Al collegamento con Marte si è arrivati attraverso il confronto dei gas nobili. Frammenti vetrosi in alcune shergottiti antartiche compresa Alan Hills contengono gas rari (argon, neon, kripton e xenon) ed azoto nelle stesse percentuali e rapporti isotopici di quelli misurati dalla sonda Viking nell'atmosfera di Marte . Così, la microanalisi di queste meteoriti antartiche e di altre meteoriti SNC può ampliare la nostra conoscenza sulla composizione e struttura del pianeta Marte. Un pezzo di roccia, per poter essere gettato via da Marte a seguito di un impatto, deve essere accelerato fino a raggiungere una velocità di fuga di 5 chilometri al secondo. Di conseguenza all'atto dell'impatto, si determinano forze d'urto estremamente elevate, che portano le rocce alla fusione o alla loro polverizzazione. Ed in effetti le shergottiti rinvenute sulla Terra mostrano segni di grossi mutamenti (ad esempio, feldspati che si sono trasformati in vetro), senza aver raggiunto la completa fusione.
Si potrebbero fare le stesse considerazioni sulle meteoriti di provenienza lunare, ma in questo caso la velocità di fuga dal satellite è soltanto di 2.4 chilometri al secondo. Il sasso di circa 31 grammi rinvenuto sempre in Antartide sui monti Alan Hills nel 1981 ed archiviato dalla NASA come ALH81005, è simile ad una acondrite brecciata, ma in base alla sua composizione e contenuto di minerali è indubbiamente un campione di rocce delle highlands lunari. Da allora, altre meteoriti lunari sono state trovate in Antartide ed una pure in Australia (a Calcalong Creek). Ecco perché se si ammette la provenienza lunare di alcune meteoriti, non si deve escludere la provenienza di altre meteoriti dal pianeta Marte. E tornando alla nostra meteorite antartica vecchia di 4,5 miliardi di anni ricca di IPA, questo potrebbe significare che non sulla superficie bersagliata dalla radiazione ultravioletta che sterilizza ogni cosa ma solo nelle rocce del sottosuolo del pianeta, i mattoni basilari della vita potrebbero esserci ancora, o che perlomeno c'erano nel passato. Si è così riaperto, dopo le fantasie scatenate dai canali di Marte visti altelescopio da Schiaparelli nel 1877, il discorso accantonato da tempo di una possibile vita pregressa sul vicino pianeta rosso. Anche il termine pianeta rosso trova oggi una spiegazione proprio nella presenza in alcuni minerali delle meteoriti SNC, di ferro molto ossidato, che è il componente principale della ruggine ed è lo stesso componente responsabile del color rosso del suolo marziano.
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